Paolo Albani
IL BRONTOLONE

       

      Non li ho mai potuti sopportare i vecchi brontoloni. Lo so, la figura del brontolone è trasversale, ci sono anche dei giovani che sono dei brontoloni, ma la figura classica, canonica del brontolone è una persona di una certa età che brontola sempre e riprende tutti in ogni occasione, che vuole sempre avere ragione lui e quando discute, forse anche perché è un po’ sordo, alza la voce e s’infuria per la minima sciocchezza, urla e non lascia parlare nessuno sovrapponendosi in modo maleducato ai discorsi degli altri, e spesso lo fa, di urlare, per coprire il rumore di una scoreggia che non riesce a trattenere. I veri brontoloni sono quei vecchi − se ne incontrano tanti in giro − che quando li vedi da dietro hanno i pantaloni che gli cadono male, che gli fanno mille grinze all’altezza del culo; sono figure senza natiche con due gambette rinsecchite.

      Il vecchio brontolone è facilmente riconoscibile perché in genere ha una smorfia stampata sul volto, un’espressione di sofferenza come se avesse un bisogno urgente di andare a pisciare o comunque un dolore che lo tormenta e che gli fa tenere la bocca leggermente aperta; se camminate per strada e lo incrociate, il vecchio brontolone vi fissa, non stacca mai lo sguardo dalla vostra persona; quando vi allontanate lui si gira e continua a guardarvi, a bocca aperta, tanto che a voi verrebbe da dire: “Scusi, ma ci conosciamo?”

     Ha sempre dei modi bruschi, il vecchio brontolone; se ad esempio gli suonano alla porta i testimoni di Geova, lui apre e non appena i due si qualificano (i testimoni di Geova viaggiano sempre in coppia, credo per ragioni di sicurezza, nel caso uno dei due dovesse sentirsi male) il vecchio brontolone inizia a sproloquiare sulle atrocità commesse in nome di Dio, a sostenere che i profeti sono tutti degli imbroglioni e che, in ogni caso, lui non andrebbe mai in giro a rompere i coglioni alla gente per propagandare le sue idee, come fanno i mormoni e i testimoni di Geova che, guarda caso, si presentano nelle case sempre di domenica all’ora di pranzo o quando uno sta facendo il riposino.

         Il vecchio brontolone di cui sto parlando ce l’ha su con tutti, ma specie con i giovani, non sopporta i giovani d’oggi che, a sentire lui, non hanno voglia di lavorare, stanno sempre davanti al computer o a smanettare sul telefonino; i giovani d’oggi – si lamenta il vecchio brontolone – non hanno più ideali, perdono tempo dietro i cantanti, i concerti, gli aperitivi e il calcio, non leggono un cazzo, non si appassionano a nulla, sono delle amebe, delle amebe tristi e solitarie che vivono alle spalle dei genitori che i giovani d’oggi, irriconoscenti, trattano male e qualche volta arrivano persino a picchiarli, i genitori. “Sono tristi i giovani d’oggi, non sanno divertirsi” sostiene il vecchio brontolone “ai miei tempi, che non c’erano i computer, le televisioni, i cellulari, ci divertivamo con niente, bastavano le figurine con i campioni del calcio e del ciclismo, come quelle della casa editrice milanese Nannina, un carrettino con i cuscinetti o un pallone fatto di cenci”.

            E ce l’ha su anche con le donne, il vecchio brontolone, che d’estate vanno in giro mezze nude, anche in città, con il seno di fuori, i pantaloncini stretti e corti per fare arrapare il maschio represso; ce l’ha con le donne che sono delle grandi chiacchierone, delle pettegole e delle attrici nate, lo dimostra il fatto che sanno mentire molto bene, soprattutto quando fanno all’amore, e leggono quegli orrendi settimanali scandalistici per sapere se quei due bellimbusti stanno sempre insieme o sono sul punto di divorziare, e spendono un sacco di soldi, le donne, con il gratta e vinci e dal parrucchiere, sono sempre dal parrucchiere a farsi belle, senza parlare delle vigilesse – sostiene a un tratto il vecchio brontolone – che sono più stronze e assatanate di multe dei loro colleghi maschi che pure sono degli stronzi fottuti anche loro, ma mai come le donne in divisa.

    Quando fischietta, il vecchio brontolone lo fa per nascondere il suo nervosismo endemico.

       È una figura davvero odiosa quella del vecchio brontolone. In autobus lo capisci subito che ce n’è uno imbucato fra i passeggeri perché senti la sua voce antipatica tenuta su un registro altissimo, senti che s’incazza con il giovane che non cede il posto a una persona anziana o che occupa quello riservato ai disabili, allora il vecchio brontolone fa un gran casino atteggiandosi a difensore delle buone maniere, ma intanto sbraita e si comporta da cafone; una volta ne ho visto uno, su un autobus affollato a Firenze, nell’ora di punta, che ha preso un giovane per un orecchio e l’ha fatto alzare di forza, che io in quel momento ho pensato, ecco, adesso quello gli mena al vecchio, invece no, il giovane se n’è andato via, zitto zitto, con la coda fra le gambe.

      I vecchi brontoloni sono terribili quando c’è di mezzo una fila, sono i classici furbetti, passano avanti a tutti senza problemi, fanno finta di nulla, un passetto alla volta, si muovono indifferenti, piano piano, credono di essere invisibili e se qualcuno gentilmente si permette di dirgli qualcosa allora si arrabbiano, cominciano a inveire alzando la voce, come del resto fanno sempre, sostenendo che loro (i brontoloni) sono arrivati lì in quel punto della fila già da un sacco di tempo e che non hanno alcuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa da chicchessia né di retrocedere di un solo millimetro, perché loro sono in fila almeno da due ore, un’eternità, due ore porca troia, vogliamo scherzare! (i vecchi brontoloni esagerano sempre, dicono ad esempio di essere in fila da due ore, mentre in realtà sono arrivati da cinque, massimo sette minuti).

       Quando è al volante di una macchina il vecchio brontolone è insopportabile, assume un comportamento aggressivo, è il più indisciplinato degli automobilisti, suona il clacson di continuo, non mette mai la freccia anche se curva a sinistra all’improvviso, rallenta inspiegabilmente quando già si trova nel mezzo di una rotonda, stramaledice chi va più piano di lui e quando si ferma da un benzinaio controlla che non gli freghino il carburante, neppure una goccia, tiene gli occhi ben aperti alternativamente sui quadratini che indicano i litri erogati e il prezzo e sulla pistola del tubo flessibile, perché lui non è fesso e tutti i benzinai sono ladri.

            A proposito di quest’ultima affermazione, cioè che “Tutti i benzinai sono ladri”, un’altra caratteristica del vecchio brontolone è che si nutre di generalizzazioni, per cui va da sé che “Tutti i sardi sono banditi come pure tutti i siciliani sono mafiosi”, “Tutti gli extracomunitari sono delinquenti”, “Tutti i sindacalisti sono teste calde”, “Tutti gli attori e i ballerini sono omosessuali”, “Tutti i dentisti sono evasori fiscali”, “Tutti i francesi hanno la puzza sotto il naso”, “Tutti i dipendenti comunali sono corrotti”, “Tutti gli arabi sono fondamentalisti islamici”, e via di seguito, non risparmiando nessuna categoria sociale o gruppo etnico.

            Li odio profondamente i vecchi brontoloni, sempre a sputare sentenze; odio il fatto che perdono la pazienza facilmente, che s’infiammano per un nonnulla, e quando parlano (spesso lo fanno da soli) non si ricordano di certe parole e allora si arrampicano sugli specchi e dicono “il coso che ho visto l’altro giorno nel coso”, che se per caso tu gli domandi: “Quale coso?”, loro ti guardano strano e si meravigliano che tu non abbia capito e ti fanno passare da deficiente; i vecchi brontoloni sanno tutto loro, soltanto loro hanno la soluzione giusta per ogni problema, da come si cucinano due uova al tegamino alla strategia migliore per sconfiggere il terrorismo internazionale e risolvere l’esodo dei migranti; non si sbagliano mai su nulla e se li contraddici, apriti cielo, s’imbestialiscono come matti e ti offendono: tu non capisci niente, sei solo un coglione e non sai stare al mondo.

            Se potessi li picchierei i vecchi brontoloni, senza pietà; fosse per me li rinchiuderei in spazi angusti o li metterei su un’isola deserta a scannarsi fra loro, li tasserei in modo esoso per ogni idiozia che dicono, rimpinguando così le casse comunali, oppure li costringerei a seguire un corso di rieducazione alle buone maniere, un corso intensivo tenuto da un gruppo di naziskin romani o di leghisti di vecchia generazione, una specie di cura omeopatica.

         Solo così sarei sicuro di farli redimere i vecchi brontoloni, gente detestabile che io, quando ne incontro uno, in treno, al bar o in fila alle poste o alla cassa di un supermercato, lo riconosco subito a naso, è una questione d’intuito, e non ci penso su due volte, lo aggredisco senza aspettare che faccia lui la prima mossa, lo tratto come si merita, da vecchio rincoglionito, da bastardo e figlio di puttana che starebbe bene in un ospizio o ai lavori forzati in una colonia penale in Australia dove lo tratterebbero da pari suo e dopo un po’, statene certi, lo stronzo abbasserebbe la cresta e smetterebbe di brontolare.

   
ottobre 2016
__________________________________________________________

Per andare o tornare al menu dei miei racconti-bonsai cliccate qui.



HOME   PAGE        TèCHNE        RACCONTI     POESIA VISIVA

ENCICLOPEDIE   BIZZARRE       ESERCIZI   RICREATIVI       NEWS