Paolo Albani
CALENDARI SOTTO L'ALBERO

           


Arrivano le feste di Natale e il consumista che è dentro di noi si risveglia furiosamente, se mai s’era acquietato negli altri giorni dell’anno. È imperativo, non si sfugge: bisogna fare un regalo, anche piccolo, un pensierino, un regalino, data la crisi, a familiari, amici, fidanzate, amanti, colleghi, ecc.

            Uno dei regali più classici e diffusi, almeno durante le vacanze natalizie, insieme al panettone, è il libro, grazie al cielo. I quotidiani e i settimanali già strombazzano le loro proposte librarie, i loro consigli per la strenna più appetibile, per il romanzo o la raccolta di poesie più interessanti.

            Visto che le cose vanno in questa direzione, avvicinandosi le feste di Natale, non voglio sottrarmi al rito trito dei «consigli per l’acquisto» e anch’io avanzo la mia modesta proposta: quest’anno per Natale regalate un calendario, sì, un bel calendario, magari di quelli da parete con i foglietti che si strappano giorno per giorno. Ma si era parlato di un libro? direte. Certo, e il calendario lo è, un libro, a tutti gli effetti, e grosso per di più, dal momento che non può contare meno di trecentosessantacinque pagine. A pensarla così è il premio Nobel per la letteratura Wisława Szymborska in un testo intitolato «Voltando pagina» che fa parte delle sue Letture facoltative (a cura di Luca Bernardini, trad. di Valentina Parisi, Adelphi, Milano, 2006, pp. 72-73).

            Per la poetessa polacca il calendario è un libro che fa bella mostra di sé nelle edicole, e non solo, con un’alta tiratura: è il bestseller dei bestseller. Agli editori richiede un’inesorabile puntualità, perché nei piani editoriali non c’è modo di spostarlo di un anno o di un anno e mezzo. Dai redattori esige la perfezione professionale, dato che il minimo errore potrebbe provocare turbe mentali. Immaginatevi due mercoledì nella stessa settimana o l’onomastico di Enrico nel giorno di san Giovanni! Il calendario non è come le opere scientifiche a cui tradizionalmente si allega un errata corrige. E non è nemmeno un volumetto di poesie, avverte la Szymborska, dove gli svarioni redazionali vengono presi per capricci dell’ispirazione.

            Il destino del calendario è la sua progressiva eliminazione man mano che ne strappiamo i foglietti. Di fronte ai tanti libri che continuano a vivere, molti dei quali scritti male, datati e senza senso, il calendario è l’unico libro che non si prefigge di sopravvivere, è programmaticamente effimero. Nella sua umiltà non si sogna nemmeno di essere letto per intero, pagina dopo pagina, per quanto contenga una dovizia di testi: gli anniversari storici che ricorrono quel tal giorno, massime auree, barzellette (ovviamente da calendario), indovinelli, ecc. Arrivo al punto di scorgervi una segreta somiglianza con le grandi narrazioni di un tempo, afferma la Szymborska, come se il calendario fosse un parente dell’epos, una sorta di figlio illegittimo.

            E allora quest’anno, mi raccomando, regalate un calendario e di sicuro farete una bella figura, parola di premio Nobel.

           

Testo uscito su pagina99, sabato 20 dicembre 2014, p. 47.
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