Paolo Albani
IL CASO

Due gemelli maschi ungheresi, che vivevano insieme nella città di Debrecen, in un vecchio edificio vicino al tempio calvinista, non sopportavano più la loro condizione di gemelli, di essere cioè uguali, identici in tutto e per tutto, nei minimi dettagli fisici, indistinguibili a tal punto che, vedendone uno per strada o al caffè, nessuno era in grado di riconoscerlo, nel senso di capire se si trattava dell’uno o dell’altro gemello.
 «Ciao, Jozsef, come stai?», «No, guardi, si sbaglia: io sono György», e viceversa.
 Fin da piccoli, i genitori li avevano portati a spasso su un’unica carrozzina a due posti, li avevano vestiti allo stesso modo, fatti dormire nella stessa cameretta e mangiare le stesse cose, li avevano dato in lettura gli stessi libri di fiabe, regalato gli stessi giocattoli, preparato per loro le stesse sorprese sotto l’albero di Natale, ecc.
   Un giorno, all’età di ventiquattro anni, i due gemelli decisero, l’uno all’insaputa dell’altro, di mettere in atto qualcosa di eclatante, di forte per differenziarsi nell’aspetto fisico, che per il resto invece - cibo, modo di vestire, gusti culturali, amicizie, ecc. - avevano già scelto strade diverse. Con ciò pensavano di porre fine una volta per tutte alla loro insopportabile, odiosa somiglianza. 
  Così uno dei due, Jozsef, una domenica mattina si chiuse nel bagno, prese un rasoio, di quelli ripiegabili con il manico di radica, e si procurò un taglio profondo e vistoso sotto lo zigomo sinistro.
«In questo modo tutti mi riconosceranno, senza scambiarmi più per György », pensò.
 Sfortunatamente il caso volle che anche György, quando il gemello se ne stava chiuso nel bagno a compiere quel gesto inconsulto, si procurasse un ampio taglio proprio sotto lo zigomo sinistro, anche lui usando un rasoio con il manico di radica, perché i due gemelli avevano due rasoi identici, della stessa marca, un regalo di compleanno di uno zio paterno che aveva l'abitudine di regalare ad entrambi, fin da piccoli, lo stesso oggetto-ricordo.

febbraio 2008



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Pubblicato su il Caffè illustrato, 40, gennaio/febbraio 2008, p. 10.


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