pagina del sito di Paolo Albani

NOTE CRITICHE
SULLA POESIA VISIVA
E POESIA SONORA

  DI  PAOLO ALBANI






ADRIANO SPATOLA



Le «parole in difficoltà» di Albani non sono affatto in difficoltà. La confessione racchiusa nel titolo è uno stratagemma per indurre il lettore a credere che la semplificazione estrema di alcuni testi di questo libro sia dovuta a una irresolutezza dell'autore nei riguardi del materiale da esplorare. È vero invece il contrario: il tono epigrafico è il risultato di una concentrazione o meglio di una compressione dei depositi alluvionali del linguaggio. Verità lapalissiane e lapidarie ritrovano sulla pagina, mediante un accorgimento tecnico scelto di solito tra i meno elaborati, una loro fondatezza logica o iperlogica, tanto da farci pensare che i depositi alluvionali in questione siano stabili e orientati secondo ragione. La semplificazione è allora anche un modo per registrare smottamenti, frane, colate di fango: secondo un certo numero di diagrammi che nascono dai movimenti stessi e che anzi ne sono un'immagine immediata. Così i procedimenti di scrittura assumono in questo libro un'aura di oggettività che contraddice la scaltrezza fortemente personalizzata dell'autore in tema di allusioni, assonanze, insinuazioni, ipotiposi assurde, gigantismi verbali, negazioni recidive, rime per la voce o per l'occhio, pleonasmi ecc. Una scaltrezza che porta a quel misto d'innocenza e di perversione che fa dire a un personaggio di W. Gombrowicz: «Ogni cosa è foderata di bambino». Infatti un aspetto molto interessante del lavoro di Albani è la sua capacità di fare scivolare la scrittura poetica verso forme di balbettamento (ma sempre per ottimi motivi: motivi ritmici, ad esempio, o di tambureggiamento semantico). Si veda a questo proposito la poesia intitolata «Ri-petizione», nella quale la chiave di lettura è un pappagallo; oppure si consideri l'insistenza sull'alfabeto; o si legga «Fonemologia». Certo Albani utilizza molti stampi ricollegabili a una poesia concreta tendente all'epigramma, ma spesso per distruggerne la falsariga, o comunque snaturarne il senso. Qui c'è insomma l'opera di un falsario che accetta di essere smascherato proprio sui punti di riferimento più espliciti: «Ricordo di un'avventura colorata» è in generale il testo teorico che nel libro di Albani serve da guida, da etimologia perfino, per una ricerca su questi significati rigorosamente spiazzati rispetto alla loro stessa esistenza. Infatti le raffinate citazioni colte sono immesse in una struttura fortemente plateale di vita vissuta, una storia d'amore tra le più ovvie, offerta al lettore senza reticenze, perché la simulazione è già totale. E proprio con tale accenno alla simulazione chiuderei queste mie note, avvertendo che essa è nelle poesie di Albani più un gioco mimetico che una profonda menzogna.

Fonte: Adriano Spatola, «Introduzione» a Paolo Albani, Parole in difficoltà, Ed. della rivista Tam Tam, Montecchio Emilia (Reggio Emilia), 1983, pp. 3-4.



EUGENIO MICCINI



Il gioco, senza capacità di invenzione, senza fantasia - lo si sa - si riduce ad una povera tecnica, a un puro passatempo per lo più «terapeutico». Privato del suo fantasma, è su questo che si avventano, sia pure in modo discreto e suadente, tutte le industrie del divertimento e dello spettacolo. L'homo ludens è ormai scomparso dalla faccia del pianeta. In tutte le professioni, anche le più eccellenti, il gioco è un corpo separato, ha perfino i suoi tempi previsti e i suoi paradigmi o modalità. È, insomma, un'ombra di lavoro. Solamente gli artisti e i poeti, e non tutti neppure tra loro, giocano davvero perché inventano, usano la fantasia, in altre parole «creano». Sono tuttavia anch'essi riserva di caccia dell'apparato festaiolo del Sistema, ma ne sono almeno consapevoli e perciò critici. Ma ciò che li differenzia dalla massa è che tendono a una sorta di koinè, ad unificare i tempi di una separazione. Dico «tendono» perché non possono eludere quella sorta di alienazione che si patisce nel lavoro, cioè nel regno della necessità. Il gioco comunque non li abbandona mai; sia esso nella combinazione di immagini, suoni, parole e pensieri, sia esso nel modo di vivere la propria alienazione.
Paolo Albani gioca, cioè agisce in quella dimensione mentale e linguistica nella quale anch'io sono immerso. È un mio compagno di giochi. Paolo gioca con arguzia e sceglie per oggetto della sua ilare ironia se stesso e i segni del linguaggio verbale, iconico, oggettuale. Solo ai saggi è concesso di revocare in dubbio i pensieri e le scritture, le immagini e le cose. Vedi Socrate & C. In fondo, l'ironia è una sorta di distacco da sé e dalle cose della vita, è un doloroso distacco dal dolore. Nell'ironia, nel gioco il dramma è sospeso, non appare. È come un passeggero clandestino a bordo della nostra coscienza. E dalle sue dimore rimosse... parla, suggerisce, rinvia ai tempi lunghi della riflessione il quid, il perché della sua stessa esistenza. Perché, quindi, Albani prende di mira proprio quei luoghi assai consacrati del logos? Si direbbe per esorcismo. Il che suppone un demonismo di quel «sacro» che in modo perverso regola la nostra vita di relazione, in primo luogo la comunicazione sociale. Il sottoporlo ad una rivisitazione è perciò un atto critico, una sorridente dissacrazione. Questo fa l'ironia che relega il consueto nel regno dell'ovvietà, del banale.
Ma Paolo Albani sa che tutto questo è un'operazione a rischio. È un gioco drammatico, come quello del torero: si muore per un «difetto di eleganza», come suonava un mio vecchio sonetto «minore». Di che morte si tratti è subito detto: nientemeno che della rottura del gioco medesimo, della sua degradazione a rituale, a consuetudine, a una sorta di coazione a ripetere. Paolo Albani ha un'acuta vigilanza. Le sue tavole sorprendono anche chi, come me, di «giocolieri» prestigiosi ne ha visti tanti. Il sorriso e la grazia di costoro, il segreto ma severo ammonimento di costoro e di Paolo - che benissimo vi si annette - sono una risposta assai attuale agli eccessivi miti della nostra cultura e soprattutto della nostra otherdirected civility.

Fonte: Eugenio Miccini, «Homo ludens», dalla presentazione della mostra Paolo Albani. Poesie visive 1985-1989, Cabianca, spazio espositivo curato da Adriano Spatola, Sant'Ilario d'Enza (Reggio Emilia), 28 maggio-24 giugno 1989. Lo scritto è stato ripubblicato in Eugenio Miccini, Poesia visiva e dintorni, Meta, Firenze, 1995, pp. 64-65.



FEDERICO ZERI



Il Suo «Words in progress» ha l'enorme vantaggio di divertirmi, quindi di farsi leggere (con le valanghe di orrori che giungono qui ogni giorno).
Grazie, e molti saluti, anche per la Signora Campanotto, che ha avuto il coraggio, eroico, di stampare un libro che farà torcere il naso a molta gente. Ma certe pagine sono di rara acutezza.
Saluti. Auguri.


Fonte: un biglietto di Federico Zeri in data 17 aprile 1992 a proposito del mio Words in progress, Campanotto, Udine, 1992.




GIAMPAOLO DOSSENA

Tracciate una griglia di 27 caselle per 7, numerandole, riga per riga, da 1 a 27. In tutte le righe circolettate la casella n. 11. Nella prima e nell'ultima riga circolettate le caselle 13, 15 e 17. Nella riga 4, circolettate le caselle 13 e 15. Risulta evidente la figura di una lettera E maiuscola. Ancora due operazioni: scrivete una E in ciascuna delle caselle circolettate e riempite le caselle rimanenti con lettere a vostra scelta, così da formare una frase più o meno sensata. Avrete fatto la forma più semplice di tecnopegnio, parola che alcuni vocabolari registrano come sinonimo di calligramma. In realtà il calligramma assomiglia a un disegno a mano libera mentre il tecnopegnio, dai tempi di Teocrito (e, mi dicono, degli antichissimi poeti dell'India), presuppone una griglia all'interno della quale le lettere disegnano il profilo di una figura stilizzata. Nel nostro esempio le lettere E disegnano una figura di E. Paolo Albani, che ha inventato questo gioco (autoreferenziale?), colmando le caselle della griglia ha scritto: «Cola il miele elegiaco dono di avidi tessitori di tropi sornioni refusi di bizzarri linguaggi e esemplari libri di culto di felici scarabocchi aforismi legati agli spasmi di un piacere eretto a mito». Non contento di avere inventato il gioco e di avere trovato questo esempio, Paolo Albani ha elaborato altri 25 esempi, così da completare la serie dell'alfabeto latino-inglese: Geometriche visioni (Oplepo, 80121 Napoli, P.zza dei Martiri, 30). Sarà difficile che qualcuno ritenti l'impresa. Analogamente il Sillabario illustrato di Italo Calvino attende ancora di essere imitato, nonché ripetuto ed eguagliato.


Fonte: Giampaolo Dossena, «Una “E” tira l’altra», Il Sole-24 ore, 67, domenica 9 marzo 1997, p. 39.



LAMBERTO PIGNOTTI



2001: odissea nello spazio verbo-visivo... «odissea» come insieme di vicende, magari alterne, ma pur sempre animosamente attraenti da vivere, da sperimentare, da perseguire, al limite come un viaggio di cui si conosce il luogo della partenza ma non quello dell'arrivo...
«Fatti non foste»..., dovrebbe ancora fischiare nelle orecchie l'altisonante monito dell'Ulisse dantesco per chi ha scelto l'avventura estetica. E gli artisti che qui abbiamo additato una simile rischiosa avventura dimostrano di amarla e di correrla, consapevoli come altri loro compagni che non si può ormai continuare a vivacchiare in porto, al riparo di parole sempre più insicure e inaffidabili, di figure sempre più irrequiete e indistinguibili [...].
Che i luoghi comuni siano più attendibili dei vangeli? Che chi disprezza compri, che chi odia ami, che chi burla lo faccia per confessarsi? A frequentare certi poeti visivi verrebbe cautamente di dire di sì, ma nel caso di Paolo Albani la risposta non può essere che esclamativamente affermativa. Lui con le sue opere può mettere le «parole in difficoltà», cucire il filo del discorso con l'ago, dar vita «per gioco» vuoi a un libro o vuoi a una rivista, elargire a metri (per sarti) i suoi versi... Nessuno lo prende alla lettera: Albani, le bizzarrie letterarie, le scienze anomale e le lingue immaginarie le pratica con la serietà, la sicurezza, la bravura di un chirurgo: solo che lui incide, taglia, segmenta e ricompone organismi verbo-visivi, addizionando ciò che a scuola a noi poverini ci vietavano di sommare: capre e cavoli, macchine da cucire, ombrelli e tavoli anatomici, sgabelli e ruote di bicicletta, Lautréamont, Duchamp e Queneau...
Giovandosi dello slittamento, del travaso, di parole, immagini e oggetti, Albani concretizza e mette in piedi metafore, paradossi, allusioni, litoti, reticenze e quante altre mai camaleontiche figure retoriche. Sembra facile, ma a quanti riesce trasformare espressioni quotidiane e apparentemente innocue in opere verbo-visive inusuali e aggressive?


Fonte: Lamberto Pignotti, De scriptura. Ricerche verbo-visive dagli anni ’80 ad oggi, Il Gabbiano, La Spezia, 2001, pp. 6-7.




GIOVANNI FONTANA



Tra il 1980 e il '95, anno della pubblicazione di «Baobab Italia 1995», antologia che rappresenta il quadro della situazione a quella data, si contano numerosi autori attivi nell'ambito della fonopoesia; tra questi è giusto indicare almeno Paolo Albani, artista tra i più brillanti per ironia e incisività, che nei suoi testi utilizza tecniche di déplacement ed effetti sorpresa molto raffinati e godibili.


Fonte: Giovanni Fontana, La voce in movimento. Vocalità, scritture e strutture intermediali nella sperimentazione poetico-sonora, Harta Performing & Momo, Monza, 2003, p. 220.



Paolo Albani [...] costruisce brillanti giochi di parole in dimensioni sonore, utilizzando tecniche di déplacement ed effetti sorpresa molto raffinati e godibili.

Fonte: Giovanni Fontana, «Il nomadismo performativo», il verri, 25, 2004, p. 99.



L'ironia, ma soprattutto l'autoironia, rappresentano uno dei fattori dominanti nell'esperienza della poesia sonora. Ironia del testo, ironia della voce, ironia del corpo e del gesto, ironia del suono si compongono in un carosello vorticoso che a volte assume toni cabarettistici (come accade spesso nelle pièces di Arrigo Lora Totino e di Sergio Cena o di Tomaso Binga), a volte grotteschi o addirittura tragicomici (come in certe azioni di Adriano Spatola o nella grana fonetica di Luigi Pasotelli), a volte lucidi e raffinati (come in Paolo Albani), a volte di taglio filosofico (come in Eugenio Miccini) o politico (come in Sarenco e in Berardi), a volte si fonde all'introspezione, allo scandaglio psicoanalitico come in gran parte dei Phonos di Zosi.

Fonte: Giovanni Fontana, Poesia della voce e del gesto. Percorsi della vocalità nella poesia d'azione, Editoriale Simonetti, Mantova, 2004, p. 85.




MAURO CARRERA



    La chiarezza di Paolo Albani è esemplare. L'efficacia visiva e concettuale del suo lavoro è lapidaria. Il rigore non è nemico dell'ironia, ne è piuttosto il megafono. Il ricordo di Cocteau e del suo rappel à l'ordre ha la grazia di un'istantanea, di una poesia senza parole, di un meticoloso gioco di bambino solitario e geniale che aspetta che i grandi abbiano finito con le loro noiose occupazioni.


Fonte: Mauro Carrera, «Uroburo o “de lìéternel retour”», in Mauro Carrera e Elena fermi, a cura di, Jean Cocteau il poteta, il testimone, l’impostore, Mattioli 1885, Fidenza (Parma), 2005, p. IV.



ARRIGO LORA-TOTINO

Allo spirito scanzonato del nonsense si richiama Paolo Albani (1946), membro del gruppo internazionale Oulipo [in realtà si tratta dell'Oplepo italiano, n.d.r.]. Albani utilizza tecniche di spiazzamento semantico con effetti godibili come in Carillon tutto un «plin plin» che, a detta dell’autore, «non va assolutamente letto ma solo ascoltato con gli occhi» o come nei Dubbi esistenziali di un’oca francese che è una sequela di quoi? quoi? pourquoi?


Fonte: Arrigo Lora-Totino, «Figure del grottesco, dell'assurdo, del nonsense», in Storia della Poesia Visuale in Occidente contenuta in Ululate, periodico on line dedicato alla poesia contemporanea.



SILIANO SIMONCINI



[Per l'intervento di Siliano Simoncini apparso nel catalogo IMMAGINA E MADE IN ITALY. ARTE | POESIA, a cura dello stesso Simoncini, Gli Ori, Pistoia, 2009, pp. 17-27 cliccate qui].



ADA DE PIRRO



[Per leggere l'intervento di Ada De Pirro sulla mia attività di poeta visivo uscito sulla rivista Art in Italy cliccate qui.]



LAURA MONALDI

[Per leggere l'intervento di Laura Monaldi, L'ironia di Paolo Albani, uscito sul n. 97 di Cultura Commestibile, cliccate qui.]




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