Paolo Albani
DELL’ILLEGGIBILITÀ
DEL LIBRO-OGGETTO E D’ARTISTA
 

           
   Un libro illeggibile è un sorprendente ossimoro. Se un libro, inteso nell’accezione classica («insieme di fogli che contengono un testo stampato o manoscritto, rilegati e provvisti di copertina»), non si fa leggere che libro è? E si badi bene, qui non stiamo parlando dell’incomprensibilità, che è un’altra faccenda, un manierismo che può dare le vertigini e farci girare positivamente la testa come accade quando si legge Sconclusione di Giorgio Manganelli, con quell’incipit delirante: «Con calma, lentamente, rimisi mio padre nel cassetto». Per Manganelli, si sa, la chiarezza di un testo letterario convive con la qualità più segreta e specifica del linguaggio: la complessità. In un’intervista ebbe a dire: «Personalmente, credo che le parole siano certamente un suono, ma non sono sicuro che abbiano un significato».

      L’illeggibilità nel caso del libro-oggetto e d’artista ha una sua specifica dimensione legata a diversi fattori. In primo luogo l’illeggibilità può essere dovuta al materiale con cui il libro è fatto, tale da comprometterne la connaturale sfogliabilità: un libro di marmo, come Il cacio è il mondo, i buchi le parole (1988) di Mirella Bentivoglio, non si lascia aprire e consultare, dobbiamo sforzarci d’immaginarne il contenuto, magari interrogandoci: «Le parole usate dentro questo libro saranno anch’esse di marmo o gelate come quelle descritte da Rabelais?»

  Esiste poi un’illeggibilità provocata intenzionalmente, con l’esecuzione di gesti precisi, calcolati, ad esempio bruciando un libro vero, tagliandolo, impacchettandolo o comunque manipolandolo fisicamente in modo da renderlo non apribile. Al riguardo i casi più emblematici e affascinanti, a mio parere, sono Universum (1969) di Maurizio Nannucci, un libro con una rilegatura in pelle blu che si avvolge sulle pagine dando origine a due dorsi, rilegatura segnata da una serie di stelle, forse a suggerire che si tratta di un libro raffigurante il cosmo divenuto libro, illustrazione del mito del libro totale, enciclopedia del sapere assoluto, e il Libro circolare (1968) di Mario Mariotti, oggi esposto al pubblico presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, la cui particolarità è di avere il dorso completamente circolare, dettaglio tecnico che ne rende ovviamente impossibile la lettura.

            Dall’altro c’è un’illeggibilità dovuta, non al materiale del libro o alle sue fattezze, ma al testo che il libro-oggetto e d’artista veicola. Dal 1949, ad esempio, Bruno Munari inizia a creare una serie di Libri illeggibili, così definiti perché senza testo, eppure malgrado ciò pieni di comunicazione visiva e tattile. Questi libri comunicano qualcosa attraverso la natura e il colore della carta, lo spessore, la trasparenza, il formato delle pagine, la texture (trattamento per rendere ruvida una superficie liscia), la morbidezza o la durezza, il lucido e l'opaco, le fustellature e le piegature. Un libro illeggibile comunica se stesso e non un testo che gli è stato stampato sopra: ad esempio, fa notare Munari, un libro di carta da lucido, quella usata da architetti e ingegneri per i loro progetti, dà un senso di nebbia: sfogliando quelle pagine è come entrare in un luogo avvolto nella nebbia. I libri ri-creativi di Munari si ispirano a un principio di interattività allo stesso modo dei Cent mille milliards de poèmes (1961) di Raymond Queneau: un libro illeggibile di Munari «si può usare aprendo le pagine a caso, cominciando dove si vuole, andare avanti e tornare indietro, per comporre e scomporre ogni possibile combinazione».

            A questo genere d’illeggibilità, imputabile all’assenza di testo, appartengono a pieno titolo i libri monocromatici, ovvero composti di pagine tutte di un colore, senza alcun testo impresso sopra, come nel caso di Life and Work (1962) di Piero Manzoni, libro di sole pagine bianche di cui esiste una versione del 1969 stampata da Jes Petersen a Berlino in 100 esemplari, fatta di fogli trasparenti, o l'Ur-Buch ovvero Romanzo Blu (1997) di Irma Blank, composto di sole pagine blu, come pure i libri cancellati di Emilio Isgrò o senza lo spazio dedicato alla stampa lasciando solo i margini bianchi delle pagine come Il libro dimenticato a memoria (1970) di Vincenzo Agnetti, eccetera. È questa dunque un’illeggibilità che potremmo definire per sottrazione di testo.

            Un’ulteriore sottospecie d’illeggibilità, sempre relativa al fattore-testo, è quella associabile ai linguaggi inventati, inesistenti e perciò non traducibili in un codice noto. Gli artisti sono dei prodigiosi onomaturgi; in questo non fanno eccezione gli autori di libri-oggetto e d’artista: si pensi per tutti ad esempio alla scrittura illeggibile rappresentata nella carta scolpita del Libro-libro (1988) di Vito Capone.

            L’illeggibilità del libro-oggetto e d’artista, non più «portatore di informazioni», bensì «produttore di sensazioni» attraverso vista, tatto, olfatto, gusto e udito, è da un lato il sintomo di un disagio da parte degli artisti verso il libro tradizionale di cui si contesta il decadimento a merce nella società capitalistica; dall’altro manifesta il bisogno di sperimentare nuove forme di comunicazione, «transmentali» e ri-creative, che si affranchino dalla banalità e dallo svuotamento espressivo del linguaggio ordinario.


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Testo scritto per il catalogo della mostra Una blioteca d'artista. La collezione e le edizioni di Danilo Montanari, Biblioteca Classense, Ravenna, 4 maggio-1 giugno 2013. In mostra opere di Paolini, Pistoletto, Sol Le Witt, Boetti, Cattelan, Baruchello, Parmiggiani, Cucchi, Kounellis e altri. Il catalogo è edito da Danilo Montanari Editore, Ravenna, 2013, pp. 59-61.


Il testo è stato ripubblicato nel catalogo, curato da Mara Sorrentino, della mia mostra Ma questo è un libro?, tenuta alla Biblioteca Classense di Ravenna dal 23 settembre al 19 novembre 2017.


Questo mio contributo è citato in "Mirabili visioni": from movable books to movable texts di Gianfranco Crupi, studioso dell'Università La Sapienza di Roma, saggio pubblicato su JLIS (Italian Journal of Library, Archives and Information Science - Rivista italiana di biblioteconomia, archivistica e scienza dell'informazione), Vol. 7, n. 1 (January 2016), per leggerlo cliccate qui. JLIS.it, Italian Journal of Library, Archives, and Information Science - si legge in rete - "is an academic journal of international scope, peer-reviewed and open access, aiming to value international research in Library, Archives and Information Science".


Nell'Introduzione al catalogo della mostra sui libri animati Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app, a cura di Gianfranco Crupi e Pompeo Vagliani, all'Istituto Centrale per la Grafica a Roma dal 9 maggio al 30 giugno 2019, i curatori Crupi e Vagliani mi citano come studioso di "alcune espressioni della forma mobile del libro":



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