Paolo Albani
IL PARASSITISMO


    È il 4 maggio 1961 quando il Presidium del Soviet Supremo dell’URSS emana il decreto intitolato: «Del rafforzamento della lotta contro le persone che rifiutano un lavoro socialmente utile e che conducono una forma di vita antisociale e parassitaria (antiobščestvennyj i parazitičeskij)».
    Una delle prime vittime illustri di questo decreto è Iosif Brodskij (nella foto) cui nel 1987 sarà conferito il premio Nobel per la letteratura. Nel 1963 la stampa leningradese, ispirata dal KGB e dalla dirigenza della sezione cittadina dell'Unione degli Scrittori dell'URSS, avvia una campagna denigratoria contro Brodksij. Il 13 febbraio 1964 il poeta è arrestato con l'accusa di «parassitismo». Nel marzo dello stesso anno il caso Brodskij viene esaminato dal tribunale del quartiere Dzeržinskij di Leningrado: il poeta è riconosciuto colpevole di «stile di vita parassitico» e condannato a 5 anni di confino che Brodksij sconta lavorando nel kolchoz di un villaggio della regione di Archangel'sk nel nord della Russia europea.
    Questa la premessa alla mia riflessione sul parassitismo. Ho letto in rete, per caso, la storia della condanna inflitta a Brodskij.
    In biologia il parassita è un organismo che trae un vantaggio (nutrimento, protezione) a spese di un altro, detto ospite, creandogli un danno. E allora, la prima cosa che mi viene da chiedere (non so a chi, sul momento lo chiedo a me stesso): che danno può aver creato uno come Brodskij, futuro Premio Nobel per la letteratura, alla società sovietica? C’è qualcosa che mi sfugge, non capisco. La letteratura la si può considerare inutile, va bene, Manganelli è andato giù pesante, l’ha definita se non ricordo male puttana e menzognera, e forse la letteratura è tutte queste cose e altre ancora, non lo metto in dubbio, ma stento a pensare che sia dannosa. Perché mai dannosa? E chi sarebbe il danneggiato?
    Dico questo pensando a me, alla mia vita. Io però non sono uno scrittore, e nemmeno mi occupo professionalmente di letteratura. Leggo un po’ di tutto, qua e là, senza un orientamento preciso, lavoro permettendo. Manganelli, ad esempio, me l’ha consigliato un amico cui piacciono gli autori bizzarri.
    Io di lavoro faccio il rappresentante di scarpe per un’impresa italiana molto famosa, perciò in URSS, ai tempi di Brodskij, credo nessuno avrebbe potuto accusarmi di parassitismo, sempre che dopo la rivoluzione di ottobre in URSS fosse prevista la figura del rappresentante di commercio o qualcosa di simile, chissà, non sono informato sull’argomento.
    In ogni caso tutti hanno bisogno di scarpe (ne avevano bisogno anche i bolscevichi nel 1917), non si può andare in giro a piedi nudi. Ritengo che il mio sia un lavoro socialmente utile, almeno io la vedo così. Le scarpe sono un bene imprescindibile, come il cibo, la casa, i vestiti e ci metterei anche l’istruzione, la sanità, la sicurezza ma ora non voglio allargarmi troppo.
    Oggi come oggi io non mi sento un parassita della società e se qualcuno lo affermasse sarebbe in malafede, direbbe una menzogna perché io, con il lavoro che faccio, non vivo alle spalle di nessuno e tanto meno ho l’impressione di infliggere danni a qualcuno, anzi mi sembra di fare del bene, procurare delle buone scarpe a un prezzo abbordabile, per tutti, in negozi affidabili e di qualità. Vi sembra parassitismo questo? A me no.
    Lo so bene che uno scrittore non è un venditore di scarpe, lui al massimo, come Brodskij, in un certo qual modo, senz’offesa, vende fumo, chiacchiere, storie (quelle di Manganelli sono proprie strane, un po’ troppo per i miei gusti), insomma commercia con le idee diffuse dentro i libri, ma le idee sono delle cose impalpabili, che non si vedono, non saprei come definirle, so soltanto che non s’indossano come si fa con le scarpe, mica ti portano in giro come le scarpe le idee. Oddio forse, metaforicamente, si potrebbe anche sostenere che le idee ti fanno fare dei giri di fantasia, volendo si potrebbe dire che ti trasportano in mondi diversi da quello in cui viviamo, fuori dalla realtà…
    Ma ragionando a questo modo si torna sempre lì, al problema dell’utilità della letteratura. E allora non ho nessuna remora a confessare che a me fare dei giri di fantasia, perdere il mio tempo a leggere delle chiacchiere, per quanto scritte bene per carità come immagino abbia fatto Brodskij, tanto di cappello, mi sembra una distrazione superflua, mi piace di più piazzare le mie scarpe in quanti più negozi possibile e procurare all’impresa che rappresento un discreto fatturato che alla fine ci guadagno anch’io e sono contento…
    Questo cosa vuol dire? Che le scarpe sono meglio dei libri? No di certo, non voglio dire questo. È sempre brutto fare dei paragoni, mettere a confronto o in alternativa cose tanto diverse come ad esempio le scarpe e i libri, sono due tipologie di merci incomparabili, lontane mille miglia le une dagli altri. Anche all’università (io sono laureato in Scienze economiche) c’insegnavano che per ottenere il Pil (Prodotto interno lordo) non si possono sommare mele e automobili, fiori e acciaio, cipolle e chiodi, bisogna esprimere tutte le merci in prezzi, ma questa è un’altra cosa…
    Però, ecco, forse, e sottolineo il forse, se Brodskij avesse fatto, supponiamo, il rappresentante di commercio o un altro mestiere produttivo non sarebbe andato incontro a quell’assurda accusa di parassitismo, voglio dire che forse Brodskij un po’ se l’è cercata, ma con questo, figurarsi, fosse dipeso da me non l’avrei mai mandato al confino, no assolutamente, quella è stata una forzatura, un errore. Gli scrittori sono innocui, non fanno male a nessuno e perseguitarli come hanno fatto i comunisti in URSS è stata una stupidaggine, e lo è ancora oggi, là dove si continua a mandare la gente in galera per le proprie idee o per i libri che ha scritto, perché poi si creano dei martiri e succede che uno finisce che vince il premio Nobel, com’è capitato a Brodskij…

febbraio 2016

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