Paolo Albani
NEL NOME DELLA 'PATAFISICA



            Quando si pensa all’eccentrico e visionario Alfred Jarry (1873-1907) vengono subito in mente due cose: Ubu Re e la ‘Patafisica, con l’apostrofo davanti che sta a indicare una scienza «operata con coscienza».

            Il primo, il Signor Ubu, è il personaggio prodigioso (parola di Mallarmé) di un testo teatrale di Jarry, Ubu Re, il cui sottotitolo è Dramma in cinque atti in prosa. Restituito nella sua integrità quale è stato rappresentato dalle marionette del Théâtre des Phynances nel 1888, uscito in forma di libro l’11 giugno 1896 per i tipi del Mercure de France e rappresentato la prima volta al Théâtre de l’Oeuvre il 10 dicembre 1896, scatenando fin dalla prima battuta - «PADRE UBU – Merdra!» - un tumulto di reazioni contrastanti: urla, invettive, fischi, applausi, getto di fiori, proteste e scazzottate tra il pubblico. Capitano dei dragoni, ufficiale di fiducia del re Venceslao, decorato dell’ordine dell’Aquila Rossa di Polonia e già re di Aragona, Ubu è un’orribile marionetta umana, ha un gran pancione tubiforme detto «ventraglia», gli occhi porcini, il muso di coccodrillo e soprattutto la testa a pera ragione per cui, come dice lo stesso Jarry in epigrafe al dramma, dagli inglesi venne poi chiamato Shakespeare (to shake the pear, cioè «scuotere la pera», ha un evidente somiglianza fonetica con il nome del grande commediografo inglese). Si sa che il personaggio fu ispirato a Jarry dal suo insegnante di fisica al liceo di Rennes, Félix-Frédéric Hébert (da qui le trasformazioni: Père Hébert, Heb, Éb, Ébé, ecc. fino a giungere a Ubu), uomo dall’aspetto ridicolo, corpulento e con le gambe corte, che i resoconti scolastici descrivono come «poco rispettato dagli allievi», «un insegnante estremamente lento, che spreca una grande quantità di tempo» e che tiene «lezioni mal preparate, specialmente negli esperimenti pratici, compromessi da reiterati incidenti», con un eloquio monotono e ampolloso.

            Quanto alle implicazioni simboliche del personaggio inventato da Jarry, come si legge in una recensione dell’epoca, «Ubu è il compendio caricaturale di tutto ciò che di ignobile, sciatto, vile e disgustoso nasconde l’animale uomo che vive in società». Il dramma, scrive un altro recensore su L’Écho de Paris, «è una farsa di straordinaria potenza; il linguaggio sfrenato, l’estrema volgarità e una truce fantasia nascondono una verve mordace e aggressiva, traboccante di altero disprezzo per uomini e cose; è un pamphlet filosofico-politico a muso duro, che sputa in faccia ai fantasmi della tradizione e dei maestri inventati dal rispetto del volgo: è un omaggio alle gesta di Gargantua e di suo figlio Pantagruel. Infine, ed è la cosa che capita più raramente di sentire, è un grido originale e discordante nel concerto delle consuetudini».

            All’Ubu Re fecero seguito un Ubu cornuto, un Ubu incatenato, un Ubu sulla Collina, e inoltre due Almanacchi di Padre Ubu illustrati, decretando l’ammirazione di Jarry nei salotti parigini, specie quello in Rue de l’Échuadé a Parigi, strada nota per i suoi bordelli, che ospitava il Mercure de France nella cui sede ogni martedì Alfred Vallette, direttore della rivista e dell’omonima casa editrice, e sua moglie Rachilde accoglievano artisti, scrittori, compositori, critici, alcuni arrivati o arrivisti, bohémien e geni squattrinati. È nel giro dei frequentatori dei salotti letterari che Jarry fa amicizia con personaggi famosi come Paul Valery, Pierre Louӱs, Jules Renard, Henri Rousseau, Edvard Munch e molti altri.

            Rachilde considerava Jarry «il precursore di tutti i buffoni dell’attuale mondo delle lettere» e certo questa caratteristica di anticonformismo, di spavalderia linguistica e di beffardo amore per il nonsense, il comico, il gioco, unita alla sua caparbia volontà di tenere unite arte e vita, è il motivo che fa di Jarry un anticipatore delle avanguardie storiche. Breton lo pone nell’Antologia dell’humour noir; nelle sue memorie Marinetti, il cui Roi bombance è considerato una pessima imitazione di Ubu Re, lo definisce «un genio letterario dei bassifondi». L’influenza di Jarry, maestro del grottesco e del fraintendimento, arriva fino alle recenti espressioni del teatro dell’assurdo.

            Ma Jarry non è solo Ubu Re, che pur resta una delle opere teatrali più rappresentate al mondo, seconda solo a quelle di Shakespeare. La sua produzione artistica è molto vasta e ricca; comprende poesie, altri drammi (Haldernablou, 1894; Cesare-Anticristo, 1895; ecc.), romanzi (I giorni e la notte, 1897; Il supermaschio, 1902, per Alfredo Giuliani «probabilmente il più bel romanzo Art Nouveau»; ecc.), la fondazione di una rivista d’arte Perhinderion; recensioni letterarie: per La Revue blanche si occupa di libri sulla pesca, sulla teoria dell’evoluzione, sulla medicina navale, sui metodi d’inumazione utili a evitare seppellimenti prematuri, sulla condizione femminile nelle società arabe, sui circoli di golf francesi e inglesi e su altro ancora.

            Una bella biografia di Jarry, eletta nel 2011 libro dell’anno dal Times Literary Supplement, è uscita da poco in Italia: Alfred Jarry. Una vita patafisica (trad. it. di Nanni Cagnone, Johan & Levi Editore, Monza, 2013, pp. 446, € 34,00), scritta da Alastair Brotchie, reggente del Collegio di ‘Patafisica di Parigi, fondatore della casa editrice londinese Atlas Press, nonché autore e curatore di libri e antologie su Surrealismo, Dada e Oulipo. L’intento di Brotchie, a mio avviso pienamente conseguito, è stato di affrancare la vita di Jarry dal suo mito, di far emergere il Jarry «più “umano” che mostruoso», senza con ciò sminuirlo, lasciando intatto il suo «essere del tutto eccezionale, tanto originale nella vita quanto nell’opera», intrecciate entrambe da assurdità e tragedia.

            Abbiamo detto che il nome di Jarry evoca due cose: la seconda è la ‘Patafisica, scienza delle soluzioni immaginarie che si prefigge di studiare le leggi che reggono le eccezioni, secondo la definizione data da Jarry in Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico, uscito postumo nel 1911. Le disquisizioni sulla ‘Patafisica, spesso di un’oscurità salutare e provocatoria, muovono dalla passione che Jarry nutrì per i temi filosofico-scientifici, testimoniata, fra l’altro, dal fatto che frequentò i corsi di Henri Bergson. Uno dei capitoli di Gesta e opinioni è dedicato a William Crookes (1832-1919), chimico e filosofo inglese che fu presidente della Royal Society: in una lettera del 7 luglio 1899 Crookes sembra prendere sul serio un Commento inteso alla costruzione pratica della macchina per esplorare il tempo di Jarry. I filosofi Gilles Deleuze e Jean Baudrillard hanno visto qualcosa di profetico nella filosofia della ‘Patafisica di Jarry. Per comprendere la ‘Patafisica è possibile ora consultare un ottimo manuale storico e teorico, con un particolare occhio rivolto alle esperienze patafisiche italiane, dovuto a Roberto Asnicar, alias Antonio Castronuovo: Della ‘Patafisica. Diverticoli sulla Scienza delle Scienze (Editrice La Mandragora, Imola, 2013, pp. 194, € 18,00).


Domenica - Il Sole 24 Ore, 232, 25 agosto 2013, p. 24.
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