Paolo Albani
IL RIFIUTO

                                                                                               Pistoia, il dì 1 dicembre 2015

 

 

Signor Segretario dell’Accademia di Svezia,

 

mi permetto di scriverLe perché da qualche mese in Italia circolano voci, sempre più insistenti, ma non so quanto attendibili, che l'anno prossimo il mio nome sarebbe fra i papabili − in pole position si direbbe usando una metafora automobilistica − per l'ottenimento del Premio Nobel per la Letteratura.

    Mi chiamo Paolo Albani e ho alle spalle una dignitosa e prolifica produzione letteraria. Senza entrare nei dettagli potrà controllare Lei stesso la mia opera in tutte le sue sfaccettature visitando, se avrà la compiacenza di farlo, il mio sito www.paoloalbani.it

       Alcuni carissimi amici, che la sanno lunga sul funzionamento non sempre limpido di certi premi letterari, internazionali e non, mi hanno messo in guardia dicendomi che forse il fatto delle voci sulla possibile attribuzione al sottoscritto del Premio Nobel per la Letteratura è solo una bufala, uno scherzo di cattivo gusto ordito da qualche burlone che mi conosce poco e male, anzi malissimo, perché suppone che io sia una persona vanagloriosa che tiene ai premi letterari, e in particolare, essendo il più ambito e prestigioso, al Premio Nobel per la Letteratura.
     Ma non è così, mi creda Signor Segretario. Personalmente l'unica mia preoccupazione è svolgere bene il lavoro di scrittore e se questo viene riconosciuto in patria e nel mondo sono io il primo a esserne contento, ma senza sbandierare atteggiamenti trionfalistici o una sciocca supponenza né tanto meno assumere l’aria di quello che si sente arrivato. Ma dove poi?

     Perciò Le scrivo, Signor Segretario, per mettere le mani avanti. Per quanto infondate possano essere le sopraddette voci, e comunque per sgombrare in anticipo ogni possibile equivoco, qualora l’Accademia di Svezia avesse davvero intenzione di conferirmi – immeritatamente − il Premio Nobel per la Letteratura, scelta di cui mi sentirei onoratissimo anche se, solo a sfiorarla, l'idea che possa verificarsi mi mette in imbarazzo, Le comunico con estremo rammarico (e non per la perdita dell'ingente somma di denaro che il Premio Nobel assegna al vincitore) il mio fermo proposito di voler rinunciare a tale qualificata onorificenza.

        Del resto, come Lei certamente sa, il mio non sarebbe il primo caso di rifiuto del premio in questione. Il 22 ottobre del 1964 il Premio Nobel per la Letteratura venne assegnato allo scrittore e filosofo francese Jean-Paul Sartre che tuttavia lo rifiutò. Per la Francia fu un vero scandalo che costò a Sartre numerose accuse e critiche la più sarcastica delle quali fu quella avanzata da André Maurois che sostenne che Sartre non aveva accettato «perché incapace di indossare uno smoking». La verità è che Sartre, di cui nel mio piccolo ho deciso indegnamente di seguire l’esempio, scrisse una lettera all’allora segretario dell’Accademia di Svezia per rinunciare in anticipo al premio così da non privare qualcun altro di poterlo ricevere.

            Ecco cosa scrisse Sartre:

 

Signor Segretario,

da alcune informazioni di cui ora sono venuto a conoscenza, avrei qualche possibilità, quest’anno, di ottenere il premio Nobel. Benché sia presuntuoso discutere di una votazione prima ancora che abbia avuto luogo, mi prendo la libertà di scriverle per dissipare o evitare un malinteso. Intanto, signor Segretario, le assicuro subito la mia profonda stima per l’Accademia svedese e per il premio con cui ha onorato tanti scrittori. Tuttavia, per alcune ragioni del tutto personali e per altre che sono più oggettive, non desidero comparire nella lista dei possibili candidati e non posso né voglio né nel 1964 né dopo accettare questa onorificenza.

     La prego, Signor Segretario, di accettare le mie scuse e di credere alla mia altissima considerazione.

 

       In un libro di memorie lo scrittore svedese Lars Gyllensten, membro dal 1966 al 1989 della fondazione che conferisce i Nobel, ha raccontato che la segreteria dell’Accademia lo informò che Sartre si era rivolto loro nel settembre del 1975, attraverso un intermediario, per valutare la possibilità di ottenere l’assegno non ritirato undici anni prima. Sartre avrebbe voluto destinare il denaro a un’iniziativa umanitaria. La sua domanda fu rifiutata, precisa Gyllensten, perché i soldi del premio erano già stati investiti. La biografa di Sartre, Annie Cohen-Solal, ritiene che questa circostanza sia assolutamente falsa.

      Comunque siano andate le cose, Sartre non era nuovo a clamorosi rifiuti. Quando nel 1945 gli fu proposta la Legione d’Onore non esitò a rifiutarla, come pure non volle mai entrare al Collège de France nonostante le influenti amicizie di cui godeva: tutto questo, a sentire lo stesso Sartre, per evitare di lasciarsi trasformare, come scrittore e intellettuale, in un’istituzione.

        Se mi sono dilungato sull’atteggiamento tenuto da Sartre nei confronti dei premi e più in generale verso l’accademismo improduttivo della società borghese è perché la motivazione che mi spinge a rifiutare il Premio Nobel della Letteratura, sempre nella remota eventualità che siano vere le voci accreditate in ambienti letterari italiani, è la stessa addotta da Sartre: anch’io, come lui, non voglio diventare un’istituzione culturale.

        Non voglio soprattutto, Signor Segretario, e lo dico con il cuore in mano, che le giovani generazioni, per le quali in questi anni sono diventato nel bene o nel male l’emblema e il baluardo di una stupidità edificante e fine a se stessa, rimangano deluse vedendomi, durante la pomposa cerimonia di premiazione, agghindato in frac con il cappello a cilindro, il panciotto e il farfallino di piqué rigorosamente bianco (abito che, le garantisco, non mi starebbe male e che, a differenza di Sartre, sarei capace d’indossare con disinvoltura), ricevere dalle mani di Sua Maestà il Re di Svezia un premio altisonante, ma allo stesso tempo non privo di compromettenti (non me ne voglia) vicinanze alle lobby non proprio educative della finanza e della politica mondiali.

        Voglia gradire, signor Segretario, i sensi della mia più alta considerazione.

         Paolo Albani


dicembre 2015
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Questo testo è stato inserito nel mio libro di racconti
I sogni di un digiunatore e altre instabili visioni (Exòrma 2018).

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