Paolo Albani
  SLIDE

            In questi ultimi anni – non saprei dire esattamente da quando, credo comunque almeno da cinque anni − la comunicazione umana ha avuto sviluppi imprevedibili, si è molto evoluta, accelerata grazie alle innovazioni tecnologiche che hanno sempre più influenzato la qualità e i ritmi della vita quotidiana di ognuno di noi. Ormai in tutte le case, o quasi, c’è un computer e le persone si sono abituate a gestire la comunicazione, anche la più semplice e la più banale, con vari programmi multimediali, in particolare attraverso l’uso delle slide del Power Point. 

            Perciò oggi accade che quando, ad esempio, al mattino devo andare in bagno a pisciare (e in effetti ciò accade tutte le mattine), in pochi secondi apro il mio computer e faccio vedere ai miei cari, in procinto di fare colazione, una slide con la foto del nostro bagno o di un bagno standard, un bagno stilizzato che riassume le caratteristiche base di tutti i bagni possibili, in modo che la foto faccia capire subito ai miei interlocutori, cioè ai miei familiari, che l’argomento che voglio trattare in quella circostanza e su cui desidero attirare la loro attenzione è «il bagno». In alto, al centro, la foto contiene una scritta in caratteri bianchi e in stampatello su fondo nero che dice: «FRA CINQUE MINUTI HO BISOGNO DEL BAGNO. LASCIATELO LIBERO PER FAVORE. GRAZIE».

            A questo punto, potete scommetterci, succede regolarmente che mio figlio più piccolo, Matteo, che fa la quarta elementare e ha un bel caratterino, prenda il suo computer e mi risponda: «NON ROMPERE I COGLIONI, BABBO. IO DEVO ANDARE A SCUOLA E QUINDI HO LA PRECEDENZA SU TUTTI», accompagnando il messaggio con l’immagine di un edificio scolastico con tanto di scritta sopra l’ingresso «Scuola elementare Italo Calvino».

            Passo allora alla slide successiva del mio Power Point che ha questa didascalia corredata dell’immagine di un orologio che sta a simboleggiare il problema della puntualità: «VA BENE, PERÒ SBRIGATI ALTRIMENTI ARRIVO TARDI IN UFFICIO».

            La sera, quando io e mia moglie, andiamo a letto e i ragazzi sono nelle loro camerette, se uno dei due ha qualche pensiero pruriginoso ovvero, detto in modo esplicito, ha voglia di scopare (99 volte su cento sono io a prendere l’iniziativa, quasi sempre di sabato), il proponente sessuale apre il suo computer e lancia una slide che può avere come immagine due persone nude su un letto che si accoppiano oppure due labbra carnose in primo piano che si sfiorano o altre parti anatomiche del corpo messe in evidenza e questa legenda: «LO FACCIAMO?» Quasi sempre dal notebook di mia moglie, non so perché, compare una slide che raffigura il volto sofferente di una donna con le sopracciglia inarcate e le mani che si toccano le tempie e la scritta: «SCUSAMI MARIO, MA STASERA HO UN GRAN MAL DI TESTA».

            L’altro giorno percorro in auto la strada statale 64, nota come la Porrettana, che unisce Pistoia e l'alta Toscana all'Emilia-Romagna. È una strada molto bella che sale dolcemente in mezzo ai boschi, ma piena di curve, perciò non è facile sorpassare un veicolo. Me ne vado su a velocità moderata, un tale con un Suv mi sta incollato al culo per alcuni chilometri, cosa che m’infastidisce da morire. A un certo punto non resisto più, apro il finestrino e allungo fuori la mano sinistra tenendo la destra ben salda sul volante: l’operazione, lo so, è azzardata, ma non m’importa niente, corro volentieri il rischio di schiantarmi contro un albero o di precipitare in un burrone pur di liberarmi di quel maledetto Suv che mi tallona; sul palmo della mano sostengo in equilibrio un po’ precario il mio computer che mostra una slide con l’immagine di un’enorme lingua su cui ho aggiunto il file sonoro di una fragorosa pernacchia, più volte ripetuta, e la scritta: «E DAI, STRONZO, SOPRASSAMI!» Non appena la strada si fa rettilinea per un tratto abbastanza lungo, il tipo del Suv mi sorpassa; quando mi affianca vedo che ha messo un computer con lo schermo rivolto sul lato del finestrino di fianco al conducente in modo che veda bene la slide del suo Power Point contenente l’immagine di una mano che fa le corna e la dicitura: «VAFFANCULO, LUMACONE!»

            Sono con mia moglie e i miei tre figli al cinema, stiamo vedendo l’ultimo film di Alejandro González Iñárritu The Revenant, tratto da una storia vera di cacciatori di pelli nel Nord Dakota all’inizio del secolo XIX. Il film, girato in foreste meravigliose, è emozionante. Nella fila dietro di noi, esattamente nelle poltroncine alle nostre spalle, un giovane e la sua fidanzatina munita di piercing sul labbro inferiore stanno sgranocchiando dei pop corn che pescano da un gigantesco contenitore di cartone. Dopo dieci minuti di quel fastidioso crepitio dentale, comincio a non poterne più; decido così di far vedere ai molesti roditori il mio computer impostato su un valore basso di luminosità per non disturbare gli altri spettatori; poggio il PC sulla mia spalla destra e rivolgo lo schermo verso i due giovani in modo che vedano bene la slide in cui compare l’immagine di una mannaia insanguinata e questa richiesta: «POTETE SMETTERE DI MANGIARE I POP CORN, PRIMA CHE VE LI FICCHI UNO PER UNO SU PER IL BUCO DEL CULO? GRAZIE». All’uscita del cinema mia moglie si è lamentata con me per il tono un po’ sopra le righe della slide.

            Vicino alla chiesa di Santa Maria Vergine nell’affollatissimo corso Garibaldi c’è un barbone seduto per terra. Al suo fianco ha messo un cappello per raccogliere le offerte dei passanti. Sulle ginocchia l’uomo tiene un computer (un modello vecchiotto di portatile), sullo schermo del computer c’è una slide con un’immagine raffigurante uno sfilatino di pane casalingo imbottito fino all’inverosimile di mortadella con il pistacchio e questa semplice scritta: «HO FAME».


marzo 2016

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