Paolo Albani
SPORT ESTREMI


            Da qualche tempo mi sto appassionando agli sport estremi o action sport, come dicono gli intenditori, cioè a quegli sport di estrema difficoltà, ai limiti delle leggi fisiche e della sopportazione del corpo umano. Sono tali ad esempio il base jumping che consiste nel lanciarsi nel vuoto da varie superfici, un edificio (building), l’antenna di un ripetitore, una torre abbandonata e simili (antenna), la campata di un ponte (span), un picco roccioso, una scogliera o altri tipi di formazioni naturali (earth) (da cui l’acronimo B.A.S.E.), e atterrare mediante un paracadute. Altri sport estremi sono lo zorbing (o globe-riding, letteralmente «cavalcare la sfera»), un’attività ricreativa consistente nel rotolare in discesa lungo una collina chiusi in una grande sfera, generalmente di plastica trasparente, chiamata zorb (dall’inglese orb, «sfera»), e lo slacklining, un esercizio di equilibrio e di bilanciamento dinamico; il nome deriva da slackline, una robusta striscia di poliestere o nylon (più raramente di altri tessuti sintetici come kevlar o dyneema) tesa tra due punti sulla quale si cammina; per certi versi questo sport assomiglia all'arte del funambolismo.

        Gli sport estremi che sto praticando, per altro con buona soddisfazione, sono al momento non riconosciuti, almeno in forma ufficiale; si tratta di attività sportive che ho inventato io, da solo; alcune devo ancora perfezionarle, ma sono sicuro che prima o poi riscuoteranno il successo che meritano, perché sono decisamente pericolose e richiedono un tasso d’incoscienza abbastanza elevato, qualità che fanno di uno sport estremo un esercizio appetibile per gente che desidera provare forti emozioni.

            Il primo sport estremo che ho ideato è il dangerous theft (furto pericoloso). Consiste nell’andare, preferibilmente dopo il tramonto, in un campo nomadi fingendo di essere un volontario mandato dal Servizio Politiche sociali del comune o della regione. Basta munirsi di un falso tesserino attestante la funzione di volontario del suddetto servizio e mostrarlo tranquillamente ai gitani che sono degli ottimi musicisti, ma in genere non sanno né leggere né scrivere. Mentre ci s’intrattiene con alcuni membri del campo nomadi, informandosi sulle loro condizioni di vita, si cerca, con aria indifferente, senza destare sospetti, di rubare quanti più soldi possibile dalle tasche dei gitani e anche, potendo, di arraffare nelle loro roulotte gioielli e altro materiale (macchine fotografiche, portafogli, giradischi, ecc.), tutto sta nell’abilità di chi pratica il dangerous theft. In alcuni casi, sfruttando particolari condizioni e con un po’ di fortuna, si può tentare il colpaccio (non tutti ne sono capaci, l’azzardo è al limite del possibile), colpaccio che consiste nell’uscire dal campo nomadi rubando una delle tante Mercedes o Suv che possiedono i gitani.

            Un altro sport estremo di cui vado orgoglioso è il friendly fire (fuoco amico) che ha un impatto emotivo molto forte. In questo caso la finalità è provocare, senza essere scoperti, un incendio all’interno delle caserme dei vigili del fuoco. Tramite Amazon, al modico prezzo di 150-200 euro, ci si procura un equipaggiamento da vigile del fuoco, comprensivo di giacca, casco, ascia, radiolina ricetrasmittente, piede di porco e estintore con funzione spray. Vestito da vigile del fuoco il praticante del friendly fire entra disinvolto in una caserma dei pompieri stando attento a non farsi scoprire, quindi, giocando sull’effetto sorpresa (nessuno penserà che ci sia qualcuno che voglia bruciare una caserma dei pompieri), appicca il fuoco in un’area vulnerabile dell’edificio, ad esempio nello spogliatoio. Appena il fuoco si sviluppa, suona l’allarme e qui, di solito, accade una cosa sorprendente, che ha dei risvolti tragici e comici allo stesso tempo: sentito l’allarme i pompieri scendono velocissimi dal loro alloggiamento scivolando abbracciati al palo per l’intervento, si precipitano sui mezzi di soccorso e in pochi secondi schizzano fuori dall’edifico a sirene spiegate, realizzando fatalmente solo dopo un po’ che l’incendio è scoppiato all’interno della loro caserma. Questa è la parte più eccitante del friendly fire.

            Lo screaming in the library («urlare in biblioteca») è uno sport estremo che richiede un profondo senso dell’armonia fisica e una notevole capacità di concentrazione. Lo si praticare nelle sale di lettura delle biblioteche, pubbliche e private. Più le biblioteche sono vecchie, depositarie di testi rari e preziosi, e quindi frequentate in prevalenza da studiosi di una certa età, gente all’antica, barbosa, abituata a lavorare in un silenzio assoluto, senza alzare mai lo sguardo dal libro che stanno consultando, che fanno «ssssssssst» al minimo colpetto di tosse o respiro un po' pesante e più lo screaming in the library è elettrizzante e stimola la secrezione di adrenalina. Il bello dello screaming in the library è che non necessita di un particolare equipaggiamento, si attua a costo zero, o quasi. In breve questo sport estremo consiste nell’entrare in una sala di lettura di una biblioteca scelta con accuratezza (d’importanza strategica è accertarsi che esista una via d’uscita sicura), verificare che la sala sia mediamente affollata e poi, all’improvviso, lanciare un urlo spaventoso, raccapricciante, da far tremare i vetri delle finestre (per l’intensità dell’urlo è necessario un adeguato allenamento vocale con il consumo, fra le altre cose, di una certa quantità giornaliera di acciughe). Alcuni praticanti dello screaming in the library amano lavorare in coppia: mentre uno s’incarica di lanciare l’urlo agghiacciante, l’altro con perfetto tempismo scaraventa a terra dei piatti di porcellana nascosti in un finto libro-contenitore, in modo da amplificare l’effetto sorpresa della brusca interruzione del silenzio. C’è poi chi, in alternativa, preferisce accompagnare l’urlo con lo scoppio, provocato da uno spillo, di palloncini gonfiati lì per lì sul luogo. Quanto più lo spavento terrorizza gli studiosi presenti in sala tanto più lo screaming in the library è incisivo e beffardo. Il massimo si raggiunge con la perdita dei sensi o la comparsa di un malore da parte delle vittime dello screaming in the library.


gennaio 2016

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