Paolo Albani
IL SUCCESSO

          Per tutta la vita il mio amico Ampelio Vallarino, che oggi si gode una bella pensione, è stato perseguitato dal successo. La sua vita è stata segnata atrocemente da un successo dopo l’altro, costellata da una lunga serie di affermazioni sul piano umano e professionale che l’hanno gettato in uno stato di sconforto, di abbattimento psicologico.

        Si potrebbe essere indotti a pensare che i continui successi, in ogni campo in cui Ampelio ha operato, gli abbiano dato alla testa e che lui a un certo punto, proprio perché gravato dai successi, abbia finito per dare al matto, che abbia sbroccato e sia caduto in depressione. È un fenomeno non raro: si pensi ad esempio a quelli che vincono cifre vertiginose al totocalcio, alle lotterie e simili; sconvolti dalla ricchezza piovutagli dal cielo da un giorno all’altro, in molti casi queste persone baciate dalla fortuna finiscono male, in povertà, in cliniche psichiatriche, alcuni addirittura si sono tolti la vita.
     Il caso di Ampelio è diverso, profondamente diverso. I successi da lui ottenuti non si sono mai interrotti, non hanno avuto un picco e poi una discesa precipitosa, un crollo, no, i successi di Ampelio sono stati costanti nel tempo, anzi, a dire il vero, hanno avuto un andamento crescente con il passare degli anni, si sono consolidati e potenziati.

            Ampelio è quello che comunemente si definisce “il classico uomo di successo”, “l’uomo felicemente arrivato”, eppure questa sua condizione non gli ha giovato per niente; paradossalmente lo ha invece penalizzato, danneggiato, reso in qualche modo schiavo, vittima del successo, da cui non è mai stato capace di liberarsi, di prendere le distanze.

       Fin da piccolo Ampelio ha una particolare predisposizione al successo, che però gli si ritorce contro, fatalmente, per vie traverse.

      Faccio un esempio. Alle elementari (siamo in classe insieme) ricordo che Ampelio vince un premio per il miglior tema della scuola, arriva primo su trecento alunni, gli danno un attestato, una pergamena firmata dalla preside. Il padre di Ampelio, molto orgoglioso del riconoscimento dato al figlio, fa incorniciare la pergamena e la appende nel salotto di casa, su una parete dove sta la poltrona del nonno di Ampelio. Un giorno la pergamena si stacca dal muro e cade in testa al nonno che deve andare in ospedale dove gli danno quattro punti sulla fronte per chiudere la ferita.

      A sedici anni Ampelio diventa un bravo nuotatore e gareggia con una squadra cittadina nella categoria stile libero; vince un sacco di medaglie, anche in competizioni internazionali. Ogni tanto noi amici lo seguiamo nelle sue trasferte. Una notte entrano i ladri in casa sua, il padre di Ampelio li sente e siccome ha una pistola regolarmente denunciata spara a uno dei ladri colpendolo a una gamba; quando arriva la polizia trova addosso al ladro, fra le altre cose, tutte le medaglie vinte da Ampelio. Il ladro si fa due mesi di prigione; quando esce aspetta il padre di Ampelio sotto casa, al buio, e per vendicarsi del proiettile alla gamba a sua volta lo gambizza.

       Dopo la laurea in ingegneria civile, ottenuta a pieni voti, compresa la lode, Ampelio è assunto in un’impresa di costruzioni stradali. Diventa ben presto un ingegnere di successo. Partecipa alla costruzione del viadotto Italia sul fiume Lao, uno dei primi e più importanti ponti italiani a travata interamente metallica che si trova sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei territori dei comuni di Laino Borgo e Laino Castello, entrambi in provincia di Cosenza. Dopo l’inaugurazione del viadotto tutte le maestranze, anche Ampelio e famiglia, vanno a festeggiare in un famoso ristorante a Cosenza, mangiano frutti di mare e rimangono intossicati, e a poche ore dal pranzo vengono ricoverati in ospedale, per fortuna senza gravi conseguenze.

         Nel 2011 Ampelio viene nominato “ingegnere dell’anno” dall’A.N.I.A.G. (Associazione Nazionale Ingegneri Architetti Geometri). Il riconoscimento lo rende felice, è orgoglioso dell’attestato professionale. Quando gli viene recapitata la lettera con la prestigiosa nomina, Ampelio chiama la moglie che è in bagno, sotto la doccia, al secondo piano della loro villa di campagna. La donna sente il marito che le grida qualcosa, non capisce cosa, allora esce dalla vasca da bagno, prende l’accappatoio, ma scivola e cade sbattendo la testa su un sanitario. Risultato: commozione celebrale.

          Il giorno in cui Ampelio riceve dalle mani del Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi l’attestato di Cavaliere del Lavoro, il figlio di Ampelio, Massimo, si rompe una gamba sciando a Cervinia. Ampelio è costretto a lasciare il luogo della cerimonia e si precipita a Cervinia dove preleva il figlio e lo riporta a casa con una gamba ingessata.

       E potrei continuare ancora, riportando altri spiacevoli episodi legati ai successi di Ampelio.

          La sfortuna perseguita i successi ottenuti da Ampelio durante la sua vita. In famiglia tutti lo prendono in giro e lo chiamano “lo sfortunato di successo”. Lui non se la prende, ci scherza sopra, ma intanto ogni volta che gli accade qualcosa di positivo, che ottiene un qualche successo nelle attività che svolge, anche ora che è andato in pensione (l’ultimo successo in ordine di tempo è la scalata nella classifica delle vendite di un libro di memorie che ha scritto per un grande editore) si aspetta il peggio, qualche disgrazia.

       Non ho mai visto uno così tanto preoccupato del successo come il mio amico Ampelio. È terrorizzato dal fatto che il successo gli possa arridere di nuovo, lo possa premiare ancora una volta. D’altronde non riesco a biasimarlo: il successo l’ha perseguitato per tutta la vita. Mentre è sul punto di ottenere un altro successo, l'ennesimo, e come sempre meritato, la moglie, preoccupata, lo mette in guardia e gli dice:

        ‒ Ampelio, perché non ti fai benedire dal nostro parroco?

   

gennaio 2017
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