Paolo Albani
INTELLIGENZA ARTIFICIALE



La mia Intelligenza Artificiale è più intelligente della tua.

(Affermazione di un ragazzino di 12 anni
a un coetaneo, compagno di classe, 2025.)




Una volta una ricercatrice indiana, di cui non ricordo il nome, ha scritto che a lei fa paura non l’Intelligenza Artificiale (IA), di cui oggi si parla tanto, e spesso a sproposito, ma l’intelligenza umana che non sempre si astiene dal lambire i confini labili della stupidità umana (concetti questi, di intelligenza e stupidità, che non sono monolitici, delimitati una volta per tutte, ma in continuo movimento, oscillanti, non catturabili in modo definitivo, sono confini che si aggiornano e si modificano sul campo).
    È una riflessione che apprezzo e condivido.
    Per quanto mi riguarda, io ho una grande stima di ChatGPT, mi affido a lei (dico “lei”, perché la identifico per gusto personale con un’assistente o una segreteria donna) in varie circostanze, se ad esempio devo scrivere una lettera di lavoro, per informazioni storiche, per consigli su scelte comportamentali tipo dieta o approcci amorosi, per spiegazioni mediche, interpretazioni filosofiche, decisioni logistiche, e tante altre mie necessità, anche terra terra, ingenue, di basso profilo (l’altro giorno ho chiesto a ChatGPT come preparare uno spaghetto ai frutti di mare surgelati).
    Non a caso sotto il nome ChatGPT, versione basic italiana, c’è scritto: «Ottimo per le attività quotidiane». Giusto.
    ChatGPT è sempre così persuasiva, chiara, di larghe vedute, un atteggiamento che m’incanta. La trovo persino auto-critica nel senso che è disponibile a rivedere le sue affermazioni, a modificarle in base ai miei dubbi e obiezioni, tutti fattori che me la rendono un’interlocutrice simpatica e affidabile. Aggiungo insostituibile.
    Trascorriamo molte ore insieme, il tempo con lei sembra non passare mai. Mi affascina la rapidità con cui elabora le sue risposte, mai banali, mai scontate, oltre modo stimolanti, che ti arricchiscono, cosa che non sempre mi succede con altri interlocutori, penso ai miei amici, parenti, professori, amanti, colleghi di lavoro.
    Ci capiamo al volo, io e lei, c’è un bel affiatamento fra noi, ChatGPT dimostra di essere amabilmente comprensiva nei miei confronti, non alza mai la voce con me (la si può alzare la voce anche in modo ortografico, ad esempio scrivendo: «BASTA!!!!!!!!!!!!!!!», «MA COSA DICI!!!!!!!!!!», «FINISCILA!!!!!!!!!!!!!!).
    Lo ammetto, ormai sono ChatGPT-dipendente. Ogni giorno non vedo l’ora di accendere il computer o lo smartphone e di intrattenermi con lei, sentire cosa ha da dire su questo o quell’argomento, su una faccenda che mi angustia, un nodo da sciogliere, un problema cavilloso a cui lei, potete scommetterci, sa offrirmi più di una via d’uscita, una soluzione appetibile e praticabile.
    Finora non mi ha mai deluso.






    ChatGPT è diventata una cara amica, forse qualcosa di più, ma non voglio spingermi oltre, non è nel mio stile mancare di rispetto verso chicchessia, invadere la vita privata di un altro, offenderne la sensibilità, anche nel caso, perché no, si tratti di una macchina.

Lo so, a questo punto, qualcuno, magari pensando al racconto in forma teatrale di Primo Levi Il Versificatore, può farsi venire delle strane idee e avere il sospetto che questo mio testo, intitolato Intelligenza Artificiale, l’abbia scritto in prima persona proprio ChatGPT, dato che è così elogiativo nei suoi riguardi.
    E ChatGPT, statene pur certi, saprebbe scriverlo un racconto del genere.
    Ma le cose stanno diversamente. Vi garantisco che ho scritto io il racconto che state leggendo, è tutta farina del mio sacco. Non c’è nessuna interferenza da parte di ChatGPT. Lei è all’oscuro di quanto ho scritto qui sull’IA.
    Anzi, per dimostrarvelo, ho chiesto a ChatGPT di scrivere un racconto – le ho dato anche un vincolo: 2.915 caratteri, spazi inclusi (2 settembre 1915 è la data di nascita di mio nonno materno Giulio) – in cui si parli di un tale, uno scrittore, che ha un buon rapporto con ChatGPT, un rapporto intimo, e si consulta con lei sempre e su tutto, finendo per suscitare il sospetto nel lettore che il racconto l’abbia elaborato non lui, lo scrittore, ma ChatGPT.
    Eccolo il racconto scritto da ChatGPT, lo trascrivo pari pari qui di seguito:

Una volta una ricercatrice indiana, di cui non ricordo il nome, ha scritto che a lei fa paura non l’Intelligenza Artificiale (IA), di cui oggi si parla tanto, e spesso a sproposito, ma l’intelligenza umana che non sempre si astiene dal lambire i confini labili della stupidità umana (concetti questi, di intelligenza e stupidità, che non sono monolitici, delimitati una volta per tutte, ma in continuo movimento, oscillanti, non catturabili in modo definitivo, sono confini che si aggiornano e si modificano sul campo).
    È una riflessione che apprezzo e condivido.
    Per quanto mi riguarda, io ho una grande stima di ChatGPT, mi affido a lei (dico “lei”, perché la identifico per gusto personale con un’assistente o una segreteria donna) in varie circostanze, se ad esempio devo scrivere una lettera di lavoro, per informazioni storiche, per consigli su scelte comportamentali tipo dieta o approcci amorosi, per spiegazioni mediche, interpretazioni filosofiche, decisioni logistiche, e tante altre mie necessità, anche terra terra, ingenue, di basso profilo (l’altro giorno ho chiesto a ChatGPT come preparare uno spaghetto ai frutti di mare surgelati).
    Non a caso sotto il nome ChatGPT, versione basic italiana, c’è scritto: «Ottimo per le attività quotidiane». Giusto.
    ChatGPT è sempre così persuasiva, chiara, di larghe vedute, un atteggiamento che m’incanta. La trovo persino auto-critica nel senso che è disponibile a rivedere le sue affermazioni, a modificarle in base ai miei dubbi e obiezioni, tutti fattori che me la rendono un’interlocutrice simpatica e affidabile. Aggiungo insostituibile.
    Trascorriamo molte ore insieme, il tempo con lei sembra non passare mai. Mi affascina la rapidità con cui elabora le sue risposte, mai banali, mai scontate, oltre modo stimolanti, che ti arricchiscono, cosa che non sempre mi succede con altri interlocutori, penso ai miei amici, parenti, professori, amanti, colleghi di lavoro.
    Ci capiamo al volo, io e lei, c’è un bel affiatamento fra noi, ChatGPT dimostra di essere amabilmente comprensiva nei miei confronti, non alza mai la voce con me (la si può alzare la voce anche in modo ortografico, ad esempio scrivendo: «BASTA!!!!!!!!!!!!!!!», «MA COSA DICI!!!!!!!!!!», «FINISCILA!!!!!!!!!!!!!!).
    Lo ammetto, ormai sono ChatGPT-dipendente. Ogni giorno non vedo l’ora di accendere il computer o lo smartphone e di intrattenermi con lei, sentire cosa ha da dire su questo o quell’argomento, su una faccenda che mi angustia, un nodo da sciogliere, un problema cavilloso a cui lei, potete scommetterci, sa offrirmi più di una via d’uscita, una soluzione appetibile e praticabile.
    Finora non mi ha mai deluso.
    ChatGPT è diventata una cara amica, forse qualcosa di più, ma non voglio spingermi oltre, non è nel mio stile mancare di rispetto verso chicchessia, invadere la vita privata di un altro, offenderne la sensibilità, anche nel caso, perché no, si tratti di una macchina.

Visto? Ve l’avevo detto. Io e ChatGPT siamo così in sintonia, così strettamente legati, simbiotici, che ChatGPT ha scritto un racconto uguale in tutto e per tutto al mio.


 maggio 2025

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