RIDENDO E SCHERZANDO
L’elenco è molto lungo, comprende espressioni quali: «non è vero?», «cioè», «capisci?», «come dire» o «diciamo», «naturalmente», «d’accordo?», «praticamente», «cazzo», «in buona sostanza», «non ti pare?», «insomma», «più o meno», «appunto», «e niente», «mondo piccino», «giustappunto», «in definitiva», «e compagnia bella», «tutto sommato», «piaccia o non piaccia», «caro mio», «mi spiego?», «non so se mi sbaglio», «s’intende bene», «grosso modo», «ridendo e scherzando», e tanti altri. Esistono poi alcune varietà regionali: ad esempio minchia (siciliano), vabbuò (di area linguistica meridionale), belin e mia (liguri), socmèl (bolognese), pota (di area bergamasca-bresciana-cremasca), diofà, bon e neh (piemontesi), ahò (romano), ciò (veneto), dè (livornese), ecc. Il mio odio per gli intercalari è incommensurabile, non li sopporto, mi mettono agitazione, e quando li sento mi viene su un nervoso, ma un nervoso, dio santo, che non ragiono più, divento cattivo e mi faccio paura. Sono
così
intollerante al fenomeno degli intercalari che una volta, a una
conferenza
sull’arte bizantina, mi sono alzato in piedi a metà della sala e
ho interrotto
il relatore (uno Ecco, sì, il vero problema in queste faccende è proprio la concentrazione. È per questo che odio gli intercalari, ti distraggono e ti rendono impossibile seguire il senso del discorso, dio santo. Non appena ti accorgi che uno, parlando, infila un intercalare dietro l’altro come le perline di una collana, tu smarrisci la concentrazione e non capisci più niente; a quel punto stai attento solo, dio santo, a quando il tizio, il maniaco intercalaratore di turno, ripeterà un’altra volta la sua odiosa tiritera. «Adesso lo dice, lo sento, sta per arrivare, piano piano ecco che ci ricasca…» Come quella volta alla conferenza di cui vi ho parlato prima, quella sull’arte bizantina: il professore ci ha martellato la testa con i suoi «si fa per dire» e io (come tanti altri ascoltatori, immagino) ho fatto fatica a seguire e aspettavo solo, dio santo, che il professore pronunciasse un’altra volta il suo intercalare, come una minaccia, e ogni volta, dio santo, che lo diceva per me era una sofferenza, battevo il pugno sul bracciolo della poltroncina, «Ah, di nuovo, che bastardo!», e ci stavo male, e alla fine, per colpa di quell’intercalare, l’arte bizantina, dio santo, è andata a farsi benedire, sono svanite le caratteristiche più evidenti del suo canone, del canone dell’arte bizantina ovvero la religiosità, l'anti-plasticità e l'anti-naturalismo, e sono restati solo, in modo prepotente, quegli insulsi «si fa per dire» che l’oratore ci ha propinato di continuo, dio santo, senza vergogna, uno dietro l’altro. Io dico che prima di affidare a uno studioso lo svolgimento di una conferenza, di dargli il permesso di parlare in pubblico, bisognerebbe accertarsi, dio santo, che non sia un intercalaratore. Al riguardo si potrebbero istituire in ogni regione delle apposite commissioni di controllo, formate che ne so da linguisti e anche da funzionari ministeriali, pubblicitari e rappresentanti di ascoltatori di professione (centraliniste, comparse nei talk show, baristi, parrucchiere, psicanalisti, collaboratrici domestiche, ecc.). Se fosse per me poi, io metterei una bella multa sugli intercalari, o magari una tassa progressiva. Non ci penserei su due volte, dio santo. Stabiliamo pure, per essere giusti e concedere qualche attenuante, che la multa scatti esattamente, dopo il terzo intercalare. L’oratore parla e, dio santo, dopo il terzo «diciamo» o il terzo «praticamente», sebbene non intenzionali, un qualsiasi pubblico ufficiale ha l’obbligo d’intervenire e multare l’oratore pesantemente e senz’alcuna possibilità di appello. Sarebbe un bel deterrente, dio santo, contro l’osceno impiego degli intercalari. Vedreste che dopo un po’, cari miei, gli intercalari diminuirebbero e la gente alle conferenze, dio santo, riacquisterebbe la dovuta concentrazione e, una volta scoraggiato l’oratore all’uso di quelle fastidiose ripetizioni, la gente si godrebbe lo svolgimento della conferenza, e l’arte bizantina, dio santo, il cui gusto principale è stato quello di descrivere le aspirazioni dell'uomo verso il divino, sempre ammesso, si capisce, che la conferenza verta su questo argomento, non resterebbe più un mistero per nessuno, proprio così, dio santo.
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