ANDERSEN
libri & idee - scuola & biblioteca
n. 270, maggio 2010

IL FASCINO DISCRETO
DELLE PAGINE BIANCHE
di 
Paolo Albani

    Uno pensa agli scrittori, e di solito se l’immagina lì, dietro la scrivania, a riempire pagine e pagine (sofferte) di parole che combinate fra loro vanno a comporre una storia.
    In realtà c’è un ampio gruppo di scrittori che ha rivolto un’attenzione amorevole alle pagine bianche, immacolate, tanto da auspicare che un giorno qualcuno scriva una Storia letteraria delle pagine bianche.
    Questa Storia potrebbe iniziare da Laurence Sterne, uno dei padri storici del romanzo moderno. Nel volume nono del Tristram Shandy ci sono infatti due capitoli - il diciottesimo e il diciannovesimo - che brillano per la loro stupenda bianchezza, non c’è una sola parola.
Nelle Storie di cronopios e di famas lo scrittore argentino Julio Cortázar racconta che in un paese della Scozia vengono venduti dei libri con una pagina bianca sperduta in un punto qualsiasi del volume; se un lettore s’imbatte in quella pagina allo scoccare delle tre del pomeriggio, muore.
Un paesaggio completamente bianco (e non potrebbe essere altrimenti) ci accoglie entrando nelle pagine del Cappuccetto Bianco di Bruno Munari dove c’è una bambina tutta vestita di bianco, sperduta nella neve, c’è una nonna, una mamma, un lupo, c’è una panchina di pietra nel piccolo giardino coperto dalla neve, ma non si vede niente, proprio niente, né la cuccia del cane né le aiuole, perché tutto è coperto dalla neve.
    Nelle Novelle da un minuto dello scrittore ungherese István Örkény c'è un racconto che s'intitola «Pagina vuota», ed è realmente una pagina vuota, bianca, con in fondo questa nota: «Questa "pagina vuota" parla di cose che non esistono, oppure di cose che esistono, ma sulle quali l'autore non ha niente da dire».
    Uno scrittore, morto assai giovane senza aver dato nulla alle stampe, lascia un pacco di carta bianca non scritta. Dopo molte difficoltà i familiari trovano un editore disposto a pubblicare il libro che esce con il titolo Inedito ultimo del Novecento, formato da duecentoventidue pagine bianche. Ben presto però gli eredi si accorgono che ovunque si saccheggia l'opera del loro congiunto con lunghe citazioni o intere pagine riportate alla lettera, e aprono un contenzioso per avere i diritti d’autore. Questa storia l’ha raccontata Ermanno Cavazzoni nel capitolo non a caso intitolato «Spazio bianco» de Gli scrittori inutili.
Manganelli infine è stato più parco. Ne Il rumore sottile della prosa ha offerto al tipografo, non una pagina bianca, ma solo una riga bianca, una riga di nulla che pone molti ardui problemi di teoria della pubblicazione. Mi piacerebbe - afferma Manganelli - che da quella riga misteriosa e innocua prendesse l'avvio una Teoria del non-scrivere, o i Princìpi finali della letteratura inesistente.
Molte ancora sono le pagine bianche in letteratura, ma qui ci fermiamo, limitandoci a osservare che il fascino da esse esercitato sugli scrittori forse nasce dal fatto che il bianco, come sosteneva Kandinskij, non è che un ricettacolo di immagini mentali e di un silenzio ricco di possibilità.

Andersen, libri & idee - scuola & biblioteca, n. 270, maggio 2010, p. 32.


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