Paolo Albani
L'ASTRONAUTA-SCRITTORE

 

     Lo spazio cosmico, cioè a dire il vuoto che esiste tra i corpi celesti, ha sempre esercitato un grande fascino sull’uomo. Si sono scritte montagne di libri sullo spazio cosmico, pensiamo alla fantascienza, ma non solo. Oggi tuttavia lo spazio cosmico non è più quell’oggetto così misterioso e irraggiungibile com’era una volta. Siamo sbarcati sulla Luna e da tempo si sta lavorando a un viaggio spaziale su Marte.

   Ora, se guardiamo ai primati nei voli spaziali, almeno fino agli anni settanta del secolo scorso, si nota una chiara e sorprendente dominanza dei russi.

   La prima cagnetta lanciata nello spazio è Laika (in russo Лайка, traslitterato in Lajka, «piccolo abbaiatore»), uno dei nomi con cui è nota la cagnolina che il 3 novembre 1957 viene sparata nello spazio dentro la capsula spaziale sovietica Sputnik 2. In realtà il suo vero nome è Kudrjavka, «ricciolina», anche se spesso è chiamata Muttnik (parola formata da mutt che in inglese significa «bastardino» e dalla parte finale del nome della capsula Sputnik).

Il nome Laika nasce dal fraintendimento fra un giornalista occidentale e una responsabile della missione. Il giornalista chiede qual è il nome del cane, ma l'intervistata, credendo che la domanda si riferisca alla razza, risponde Laika. I laika sono cani siberiani simili agli husky, una razza molto resistente alle condizioni estreme, specie alle basse temperature, ecco perché i russi scelgono Laika (o Muttnik che dir si voglia) per il loro lancio.

La capsula Sputnik 2 porta cibo e acqua, ma non prevede il rientro, quindi la sorte di Laika è segnata fin dall'inizio della missione. La capsula è inoltre attrezzata con sensori tali da permettere il monitoraggio dei segnali vitali del passeggero come pressione sanguigna, battiti cardiaci e frequenza respiratoria.

Secondo alcune fonti, Laika muore poche ore dopo l'entrata in orbita mentre altre stimano che Laika sopravvive per circa dieci giorni (ipotesi inverosimile poiché le batterie che alimentano i sistemi dello Sputnik 2 si esauriscono dopo circa sei giorni).

Andiamo avanti.

Il primo astronauta a volare nello spazio è, come si ricorderà, Jurij Alekseevič Gagarin (1934-1968) che, a soli 27 anni, porta a termine con successo la propria missione il 12 aprile 1961. Per questo viene decorato da Nikita Khruščёv con l'Ordine di Lenin, la massima onorificenza sovietica, diventando Eroe dell'Unione Sovietica.

Sembra che la famosa frase: «Non vedo nessun Dio quassù», attribuita a Gagarin, sia stata in realtà pronunciata da Krushchev che una volta avrebbe detto: «Perché state aggrappati a Dio? Gagarin ha volato nello spazio e non ha visto Dio».

Gagarin muore il 27 marzo 1968 a soli 34 anni, sette anni dopo la sua impresa, a bordo di un piccolo caccia MiG-15UTI, schiantatosi al suolo nelle vicinanze della città di Kiržač.

Sempre riguardo ai primati spaziali, il primo uomo a lasciare la sua capsula spaziale per rimanere liberamente sospeso nello spazio è il cosmonauta russo Aleksej Archipovič Leonov. E ancora la prima donna astronauta è Valentina Vladimirovna Tereškova, coniugata Nikolaeva, che vola nello spazio in una missione del 1963.

Un altro primato dei russi, non molto conosciuto, riguarda l’allunaggio: spesso si dimentica che il primo veicolo senza astronauti a bordo a allunare è stata la sonda spaziale russa Luna 2, lanciata il 12 settembre 1959 alle ore 06:39:42 UTC (sigla che indica il cosiddetto «tempo coordinato universale», ovvero il fuso orario di riferimento da cui sono calcolati tutti gli altri fusi orari del mondo) e impattata sulla Luna, esattamente a ovest del Mare della Serenità, il 13 settembre alle ore 22:02:24 UTC.

Senza dimenticare che la prima sonda lanciata sul pianeta Venere è la russa Venera 3 che si alza dal cosmodromo di Bajkonur il 16 novembre 1965 alle 04:19 ora di Greenwich, così come pure le prime sonde giunte su Marte, il Mars 2 e il Mars 3, lanciate rispettivamente il 19 e il 28 maggio 1971, e considerate i primi artefatti umani a toccare la superficie di Marte, anche quelle nemmeno a dirlo sono russe (Mars 1, lanciata dai russi il 1º novembre del 1962, non riesce a inserirsi in rotta verso Marte).

 

      Dopo questa breve e sommaria carrellata di primati spaziali, si arriva ai giorni nostri e al primo astronauta-scrittore che, guarda caso, è di nuovo un russo: Seghej Ivanòf Stravogin, nativo di Mosca, autore di fortunati romanzi e saggi critici pubblicati in patria e tradotti anche all’estero.

    Perché lanciare uno scrittore nello spazio? E perché proprio Seghej Ivanòf Stravogin?

     Prima di rispondere, mi preme una piccola precisazione.

La navicella spaziale su cui viaggia Stravogin (mentre scrivo lo scrittore russo è in orbita da 11 giorni) si trova a circa 400 chilometri di distanza dalla superficie terrestre, ben oltre l’atmosfera, e gira intorno al nostro pianeta a più di 27 mila chilometri all’ora, compiendo 15 giri della Terra ogni giorno terrestre. A questa distanza la forza di attrazione gravitazionale è ridotta di poco più del 10% rispetto a quella sulla superficie della Terra.

Poiché si muove di moto circolare, Stravogin è come se fosse in una giostra e sentisse una forza che lo spinge fuori, distante dal centro di rotazione. Si tratta di un effetto cosiddetto «inerziale», cioè il risultato del fatto che Stravogin si sta muovendo di moto accelerato con accelerazione diretta verso il centro della Terra, lo stesso tipo di forza inerziale che ci attrae allo schienale dell'aereo quando l'aereo accelera alla partenza.

Dunque la forza di gravità che agisce su Stravogin punta in ogni momento verso il centro della Terra, mentre la forza centrifuga punta in direzione esattamente opposta, essendo una forza inerziale. Queste due forze, di segno opposto, hanno esattamente lo stesso valore. Una tira verso la terra, l'altra spinge verso fuori: dunque si annullano. L'accelerazione di gravità (che sulla superficie terrestre chiamiamo «g») e l'accelerazione centrifuga, cioè il risultato della forza centrifuga, non dipendono dalla massa dell'astronauta, ciò significa che queste forze sono perfettamente uguali e opposte. Il fatto di non dipendere dalla massa del corpo fa sì che ogni oggetto attorno all'astronauta – il suo spazzolino da denti, la sua tazza per il caffè, la sua penna, la bottiglietta dell’acqua minerale, ecc. – subisce la stessa sorte dell’astronauta, ovvero galleggia.

  È il fenomeno del galleggiamento che ha spinto gli scienziati russi a lanciare nello spazio Seghej Ivanòf Stravogin, scrittore affermato e stimato in patria e all’estero. Come e che cosa scriverà Stravogin mentre galleggia nella navicella spaziale, ruotando intorno alla terra a una velocità di più di 27 mila chilometri all’ora? È questa la domanda che gli scienziati russi si sono posti, per arricchire i loro studi già avanzati in questo settore (in cui i russi sono all’avanguardia) – sul rapporto fra gli impulsi neuronali e le condizioni psico-fisiche in cui un soggetto scrive.

   La scelta dell’astronauta-scrittore, fra i tanti scrittori russi contemporanei ritenuti idonei, anche fisicamente, per la missione progettata, è caduta su Seghej Ivanòf Stravogin in virtù dell’enorme successo dei suoi romanzi, specie fra il pubblico femminile, e della sua straordinaria prolificità.

  L’esperimento, il primo nel suo genere, cui Stravogin ha accettato di sottoporsi dopo tre anni di dura preparazione nel cosmodromo di Pleseck, a circa 800 km a nord di Mosca, è di scrivere in assenza di gravità a una distanza dalla superficie terrestre di circa 400 chilometri.

È noto che le modalità che uno scrittore si impone nell’esercizio della sua attività creativa hanno un rilievo non secondario nel risultato della sua scrittura. Ad esempio sappiamo che, per concentrarsi, in attesa di essere baciato dall’ispirazione, il grande scrittore Friedrich Schiller aveva l’abitudine di ficcare i piedi in un secchio di acqua gelata o di respirare voluttuosamente i fumi delle mele in fermentazione sistemate in un cassetto del suo scrittoio.

L’Agenzia Spaziale Russa, dopo il 7 giorno di volo intorno alla Terra dell’astronauta-scrittore, ha diramato un primo comunicato in cui viene esibito uno stralcio di un primo scritto di Stravogin, buttato giù in condizioni di assenza di gravità, che qui di seguito riporto:

 

 

 

Brano che, tradotto in italiano, significa: «La mattina dopo mi presentai allo sportello della banca per ritirare un assegno che mi aveva dato un amico. Solo in quel momento mi accorsi che l'assegno era scoperto e ci rimasi male».


febbraio 2018

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