Paolo Albani
LE FABBRICHE DI ROMANZI

Per affrontare in modo costruttivo (non dico risolvere) la spinosa questione della crisi del romanzo, che si ripresenta a fasi cicliche, sarebbe quanto mai conveniente potersi avvalere dei servizi di apposite Agenzie di Pubblica Utilità, com’era un tempo la Ditta istituita presso il petit-hôtel di Meudon da Yves de Lalande, pseudonimo di Hubert Puits, il primo produttore di romanzi su scala industriale (si veda al riguardo J. Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti, Adelphi, Milano, 1972, pp. 143-149).
Per fare un buon romanzo, sosteneva Puits, non basta un uomo solo, ce ne vogliono dieci, forse venti, come dimostrano, fra gli altri, Balzac, Alexandre Dumas, Malraux che avevano un certo numero d’impiegati al loro servizio. Per produrre romanzi Puits ingaggiò nel 1927 delle lavoranti, tutte ragazze sane, spiritose e poco propense all’affermazione. In qualità di direttore-proprietario della Ditta, Puits proponeva un tema, poi la procedura era la seguente: la titolare dell’ufficio Intrecci-base sceglieva un intreccio adatto al tema ricavandolo da un archivio ben fornito, e lo passava alla titolare di Personaggi che, desunti i personaggi secondo formule collaudate, li trasmetteva all’ufficio Storie individuali e Destini. Quest’ultimo ufficio, di carattere combinatorio, si serviva di una roulette: per ogni personaggio tirava su a caso tre numeri corrispondenti a tre schede dell'archivio di Incidenti-Base, con le quali veniva rapidamente composto il destino di ogni personaggio. Nell'ufficio Concordanze si stabilivano i destini individuali, in modo da evitare incongruenze di ogni tipo. Non appena composta la vicenda passava all'esperta in Stili-Base che assegnava al romanzo lo stile più adatto, tra quelli in voga in quel momento; infine la ragazza addetta ai Titoli proponeva da sei a otto titoli. Questa fase preparatoria richiedeva al massimo una mattinata di lavoro; subito dopo il romanzo passava allo stadio di Lavorazione vera e propria. Il cosiddetto Scenario veniva trasmesso all'esperta in Grafici la quale mediante un accorto impiego di grafici temporali, spaziali, motivazionali, ecc., coordinava in sistemi di Scene numerate l'intera vicenda; quindi l'opera così schematizzata passava al reparto Scene e Situazioni che possedeva un immane Archivio di scene e situazioni a due, tre, quattro e più personaggi, oppure a un personaggio singolo, trattate in prima e terza persona, con dialoghi, azione, descrizione, passi introspettivi e simili elementi narrativi. Una squadra di giovani laureati in lettere riforniva continuamente di nuove scene e situazioni l’archivio della Ditta, in base alle leggi di mercato, e quattro ragazze particolarmente sveglie erano adibite ai vari compiti di ricerca e classificazione. Non appena ricevuto lo schema di Scene e Situazioni numerate le archiviste procedevano alla ricerca dei relativi trattamenti e tiravano una copia di ogni scena; poi mettevano queste copie ordinatamente insieme, e il romanzo poteva già dirsi montato. Puits, che non leggeva mai i propri romanzi, morì schiacciato contro un platano, nell'aprile del 1942, sbalzato dall'automobile mentre tornava da una cena con un gruppo di ufficiali della Wehrmacht di stanza a Versailles. All'arrivo dell'esercito di Liberazione, guidato da Jean-Paul Sartre, le riviste letterarie al potere misero al bando, per collaborazionismo, tutte le opere del petit-hôtel di Meudon, in seguito affittato alla Protezione Animali e, sembra, completamente pieno di gatti.
Dell’esistenza di un Opificio del Romanzo (Novel’s Company Ltd.), finalizzato alla produzione di grandi quantità di romanzi in forma standard, c’è traccia ne Il Libro nero (1951) di Giovanni Papini. Lo stabilimento della Società era costituito da una serie di capannoni sparsi in un giardino sulle rive del lago di Erie negli Stati Uniti. In un capannone lavoravano gli specialisti dei paesaggi agresti e degli scenari cittadini. In un altro quelli che preparavano le descrizioni degli interni e degli arredi. In un terzo capannone erano raccolti i creatori di tipi femminili di ogni classe e misura: avventuriere di medio ceto, vergini ricche e innamorate, dame adultere, contadine del West, mulatte delinquenti e prostitute fatali. Nel capannone adiacente si apprestavano invece i protagonisti maschili: gangsters e cowboys, uomini politici e ballerini professionali, conquistatori da salotto e sfruttatori di donne. In un capannone s'inventavano forme nuove di delitti e intrecci tenebrosi, mentre un altro ospitava i competenti dell'erotismo. Nell’Opificio del Romanzo c’era anche una biblioteca di romanzi d'ogni tempo e paese, utilissima per le imitazioni e i plagi, dove un linguista suggeriva i termini dei dizionari tecnici, dello slang e dell’argot agli operai principianti e meno esperti. Al centro del giardino s'innalzava la palazzina della direzione dove una schiera di aggiustatori ben pagati mettevano insieme i romanzi confezionandoli secondo i moduli e gli stampi preferiti dal grande pubblico. In quel periodo, per ragioni economiche, la produzione era orientata verso due tipi di romanzo: il Romanzo Venereo, con giudiziosa dosatura pornografica, e il Romanzo Criminale nelle due sottospecie: quello in cui trionfano i delinquenti e quello in cui vincono i poliziotti. Sul mercato il Romanzo Sentimentale e il Romanzo Psicologico erano in forte ribasso, al pari del Romanzo Storico e del Romanzo Sociale. La produzione media dell’Opificio del Romanzo era di circa duecento romanzi al mese, con tirature annuali che raggiungevano cifre astronomiche, parecchi milioni di copie. 

il Caffè Illustrato, 43/44, luglio/ottobre 2008, p. 7.


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