Paolo Albani
INFLUENCER
   

   



    Al principio, cioè fino a poco tempo fa – non sto scherzando, giuro, lontana da me l’idea di fare lo spiritoso – credevo che un influencer fosse un tale che si era beccato un virus, e che questo virus gli avesse provocato un’influenza particolare chiamata in termini medico-scientifici «influencer» (come ad esempio fu chiamata «asiatica» l’influenza del 1957-58), costringendolo a mettersi a letto con la febbre. "Ho preso l'influencer" dice quel tale agli amici.

Poi ho guardato su Google, perché sono curioso, e ho scoperto che influencer significa un’altra cosa, è un individuo che, essendo determinante nell’influenza dell’opinione pubblica, costituisce un target importante cui indirizzare messaggi pubblicitari, al fine di accelerare l’accettazione di prodotti commerciali presso un pubblico più vasto. Ho scoperto anche che esiste una laurea triennale che ti fornisce – come recita l’annuncio di una certa università – tutti gli strumenti tecnici e strategici per diventare «un influencer di successo, consapevole e preparato». L’influencer è diventata ormai una vera e propria figura professionale.

      Conoscete Mariano Di Vaio? Vi dice qualcosa questo nome? No? Per me è un perfetto sconosciuto. Ebbene: Mariano Di Vaio, umbro, 30 anni, ex modello, è il fashion blogger italiano più famoso al mondo con oltre 10 milioni di follower (seguaci) divisi tra i vari social network (un fashion blogger è il creatore o curatore di un blog dedicato alla moda). Attenzione: ho detto «più famoso al mondo», no a Canicattì o nella periferia di Domodossola, stiamo navigando sull’onda di cifre strepitose, da capogiro, se pensate che il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha 15 milioni di follower. Da par suo Di Vaio non fa sconti a nessuno, ha un gran bel profilo e si guadagna un sacco di soldi.

    La domanda delle domande è: come si diventa influencer?

    Per prima cosa devi avere un profilo Instagram, che è un social network che permette agli utenti di postare foto con filtri in alta definizione e video di una certa durata (fino a 60 secondi mi sembra) e di condividerli in Rete. Più aumenta il numero di follower, di like (= mi piace), di commenti e visualizzazioni che uno riesce a raccogliere sul proprio profilo Instagram più la sua reputazione si rafforza e più diventa appetibile la sua immagine per le imprese. Tutto qui in sintesi il meccanismo che presiede al ruolo della figura dell’influencer.

     Perciò il segreto per diventare influencer è di avere il maggior numero di seguaci, di catturare più gente possibile nelle maglie della Rete, e questo si ottiene diventando famosi.

      Le principali regole per acquisire una certa visibilità nella Rete (è un elenco che ho trovato in Rete) sono:

 

1. aumentare i follower su Instagram (che si possono anche comprare);

2. essere presente nelle community (una «community» è un insieme di persone che, mosse dal comune interesse nei confronti di un argomento, condividono informazioni su di esso sfruttando vari strumenti che la tecnologia mette loro a disposizione);

3. commentare e lasciare contributi di qualità;

4. usare i like per apprezzare persone che ammiri;

5. inserire la località nelle foto;

6. usare i migliori hashtag per il tuo scatto (un hashtag è un tipo di etichetta utilizzato su alcuni servizi web e social network come aggregatore tematico, la cui funzione è rendere più facile per gli utenti trovare messaggi su un tema o contenuto specifico);

7. interagire con il tuo target (fascia dei potenziali acquirenti di un prodotto);

8. pubblicare con continuità.

 

    Parlo di queste cose, sebbene sia ancora un novellino riguardo ai segreti della Rete, perché ho deciso di fare l’influencer e per distinguermi dagli altri – che è importante nel mestiere che voglio intraprendere – ho scelto una strategia mirata: non disperdermi in troppi argomenti, non divagare o vagare nel generico, ma concentrarmi su un tema, su quello e basta, e seguire un mio stile narrativo. Sarà questa l’arma vincente del mio successo come influencer.

    Il tema che ho selezionato per la mia nuova attività di influencer è la GALLINA, animale domestico per antonomasia, notoriamente legata all’uomo e sua affezionata «collaboratrice», specie sul tavolo da pranzo, che tuttavia non voglio affrontare in quanto cibo per l’alimentazione. Il mio obiettivo è ben diverso: riscoprire una qualità poco conosciuta, e perciò più attraente in senso spirituale, della gallina.

    Per far questo ho pensato di avvalermi degli studi di un personaggio che merita di essere riscoperto e rivalutato, facendolo uscire dalla gattabuia del dimenticatoio delle teorie scientifiche in cui l’hanno rinchiuso per anni: Francesco Becherucci, cultore di scienze fisiche e naturali, oltre che fisiologo, vissuto a Firenze nella seconda metà dell’800. Becherucci studia all’Università di Pisa; in un lungo soggiorno a Parigi si costruisce un gabinetto di fisiologia dove fa moltissime esperienze sul modo di trasfondere la vitalità organica nell’atto in cui esala da animali morenti sani espressamente uccisi, ottenendo su se stesso splendidi risultati.

In una Memoria del 1887 (Tip. Coppini e Bocconi, Firenze), indirizzata a Michele Coppino (1822-1901), Ministro dell’Istruzione Pubblica nel governo di Agostino Depretis, Becherucci rivela alle Accademie di Scienze d’Europa di aver scoperto un efficace ricostituente che consiste nel sorbire le uova delle galline prima che queste le facciano, ovvero quando le uova si trovano ancora dentro il corpo delle galline.

A tutti è facile sapere quando nel seno di una gallina c’è un uovo con il guscio, afferma Becherucci. In tal caso si prende la gallina e si avvolge in una salvietta, in modo che non possa muoversi. Quindi con una cannula vuota e di piccolo diametro, lunga 20 o 30 centimetri, di argento o di altro metallo, di avorio o altra sostanza, avente a una estremità una forma piramidale, ma non tagliente, e dall’altra un bocchino, così che, introdotta la cannula dalla parte piramidale fino a rompere il guscio, sarà facile all’individuo dal lato del bocchino aspirare «a sorso a sorso» l’uovo che si trova dentro la gallina e protrarre l’operazione succhiando lentamente l’uovo per cinque e più minuti. Egualmente si può ripetere a volontà la stessa operazione sopra una seconda e più galline per nutrirsi di più uova di seguito. Il guscio dell’uovo che rimane nella gallina verrà espulso poi naturalmente dalla gallina stessa lasciata libera. Con vera soddisfazione, dice Becherucci, posso confermare che il sorbire le uova direttamente dalle galline è un piacere delizioso e vantaggiosissimo, avendolo gustato a lungo lui stesso di persona (p. 9).

Nel rendere pubblico il suo «eroico ricostituente», Becherucci ci tiene a precisare di non essere mosso da interesse, né da sete di guadagno, ma che a spingerlo, con rara generosità, è il desiderio di procurare ai suoi simili un mezzo efficace e pratico grazie al quale possano raggiungere il bene che tutti gli uomini indistintamente desiderano e bramano di ottenere con fondamento di scienza, cioè una prospera e lunga vita (p. 10).

Per maggiori chiarimenti su questo ricostituente, Becherucci invita gli interessati a recarsi a Firenze al secondo piano di via Guelfa numero 103 dalle 10 alle 12 del mattino, tutti i giorni eccettuato le feste, con una lettera affrancata. Qualora si volesse aprire a Firenze o altrove uno Stabilimento igienico curativo per generalizzare il beneficio del suo ricostituente, Becherucci si dice disponibile a prenderne la direzione in virtù della sua esperienza in modo da contribuire efficacemente a procurare il bene dell’umanità (p. 11).

In un altro opuscolo di sole 8 pagine del 1871, Trasfusione del fluido vitale nell’uomo (Tip. Tofani, Firenze), indirizzato a S.E. il Ministro dell'Istruzione Pubblica On. Comm. Cesare Correnti (1815-1888) e a altri scienziati, Becherucci preannuncia la sua scoperta, sostenendo che, mediante un metodo speciale, è possibile trasfondere nell’uomo il fluido vitale che esala da animali morenti sani espressamente uccisi. Tale trasfusione va praticata più volte l’anno a individui in salute, ma anche a coloro che nascono con un’organizzazione malaticcia, alle donne spossate dai parti e ugualmente agli annegati e in altri simili casi, quando il medico si trovi nella possibilità di richiamare in vita l’individuo. A conclusione del suo scritto, Becherucci avverte di aver tenuto in assoluto segreto il metodo per l’applicazione della sua scoperta, di conseguenza invita a diffidare di coloro che per avventura si presentassero nel Regno o all’estero spacciandosi per suoi inviati e volessero operare la trasfusione. Dato che la sua scoperta è d’interesse internazionale, come il vaccino, Becherucci annuncia che non tarderà a comunicarla ai singoli Governi affinché sia universalmente applicata per il bene pubblico.

    Da parte mia ho fiducia che la divulgazione in Rete del «metodo Becherucci», il cui fine, grazie  all’uovo sorbito direttamente dal sedere della gallina, è il rinvigorimento delle facoltà fisico-intellettuali dell’uomo e una sua maggiore longevità, sarà un viatico importante alla mia carriera di influencer.
    Non stento a credere che in futuro la capillare diffusione in Rete del «metodo Becherucci», sfruttando le potenzialità tecniche dello strumento informatico, potrà farmi ottenere un’apprezzabile quantità di follower e di like (la salute sta a cuore a tutti), condizione necessaria per diventare influencer, e allo stesso tempo suscitare l’interessamento di imprese farmaceutiche e istituzioni economico-sociali che fanno del fitness dei cittadini la loro filosofia imprenditoriale, vendendo loro a un prezzo remunerativo il brevetto del «metodo Becherucci».
    Non mi sembra male come prospettiva.



ottobre 2019


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