Paolo Albani
  UN VIAGGIO LOW COST


 

     Dopo lunghe e pazienti ricerche sul web, trovo un biglietto a prezzo scontato per andare su Marte. È un’offerta molto vantaggiosa. Perciò non mi lascio sfuggire la ghiotta occasione e compro subito due biglietti (uno è per la mia ragazza) su internet. In questi casi i furbetti delle agenzie di viaggio ti mettono fretta, ti dicono che ci sono pochi posti e che se non ti sbrighi a prenotare rischi di perdere l’offerta, che viene presentata sempre come eccezionale, irripetibile, favolosa. In realtà l’offerta non riguarda solo un biglietto di andata/ritorno, ma è un pacchetto promozionale (oggi sono molto diffuse le promozioni che abbinano viaggio + albergo + escursioni + altre stronzate, per invogliare il turista a mettere mano al portafoglio) che prevede, oltre al viaggio andata/ritorno, anche un soggiorno in albergo a mezza pensione e un giro turistico su alcune formazioni vulcaniche, valli, calotte polari e deserti sabbiosi di Marte.

   Un mio amico, Pier Aldo Casetti, c’è stato l’anno scorso su Marte e mi ha detto che si è trovato benissimo, si è divertito molto. Era insieme alla fidanzata, che fra l’altro è una che conosco perché ha fatto il liceo classico con me. Bisogna attrezzarsi bene lì, su Marte, la temperatura varia dai meno 140 °C degli inverni polari ai 20 °C dell’estate, e uno deve stare attento a non prendersi un malanno per via degli sbalzi di temperatura. Ma lo spettacolo che ti aspetta – specie sul Monte Olimpo, il vulcano più grande del sistema solare, alto 27 km, e dentro il lungo canyon chiamato «Valles Marineris», più esteso di quelli terrestri – è, a detta di Pier Aldo, mozza fiato, meraviglioso, una cosa da non credere.

         Nell’albergo per terrestri dov’era alloggiato, corrispondente a un nostro cinque stelle, ma più economico dei nostri, Pier Aldo ha conosciuto dei marziani simpatici; lui dice che i marziani sono gente alla mano, semplice, un po’ come i nostri montanari: loro parlano poco, preferiscono ascoltare. Durante la conversazione i marziani registrano tutte le informazioni necessarie a mantenere un buon livello di comunicazione; loro ti guardano con dei monitor dotati di schermi al plasma di vari colori dove compaiono le frasi che pronunci. Tu dici: «Buongiorno, come va?» e sui monitor del marziano (in genere ne hanno tre) compare la frase: «Buongiorno, come va?». Poi, dopo qualche secondo, sui monitor compare, nella tua lingua, la risposta del marziano: «Bene grazie, e lei?» accompagnata da una voce metallica che scandisce perfettamente le parole. I marziani, mi spiega Pier Aldo (ma io queste cose le conosco già perfettamente, per esperienza personale), hanno incorporato un traduttore simultaneo di lingue terrestri e di molti altri pianeti e perciò parlano correntemente un sacco di lingue straniere, cioè, per meglio dire, extraterrestri.

       In vista di questo viaggio sto ripassando le mie conoscenze, un po’ approssimate, della lingua marziana, tanto per fare colpo sulla gente del luogo; ad esempio «buongiorno» si dice «karnikoli» e «buonasera» «karnivroli», mentre «grazie» si dice «ghi brucma», ecc. Ne voglio imparare tante altre, per rendermi simpatico agli occhi dei marziani.

      Per il mangiare nessun problema: ci sono un sacco di locali − ristorantini, trattorie, locande, bettole − aperti da ristoratori che provengono dalla Terra, oltre che da altri pianeti (sono i nuovi emigrati spaziali). Mi diceva Pier Aldo che quello che mangiano i marziani (liquidi e solidi che non esistono da noi, sostanze con nomi strani che i marziani assorbono attraverso una piccola proboscide) è proibitivo per un terrestre: non che a noi rimarrebbe indigesto, è proprio pericoloso per la nostra salute (e anche questa non è una novità per me).

       Ho scelto di andare su Marte per varie ragioni. In primo luogo perché mi sono stufato delle solite vacanze fai da te o in gruppi organizzati, si tratti di mare, montagna, città d’arte o di paesi esotici come il Nepal o le isole Mauritius, non importa. Se devo dirla tutta poi io tendenzialmente, specie da quando lavoro part time e posso scegliermi il periodo in cui viaggiare, odio le vacanze, detesto il rito dello spostamento di massa in intervalli forzati, cioè quando chiudono le scuole, gli uffici e le fabbriche, e tutti si mettono in coda sulle autostrade o si accalcano sulle banchine dei porti o davanti ai check-in delle compagnie aeree per andare in villeggiatura. Insomma di natura io sono uno stanziale, se però decido di muovermi allora preferisco le località poco affollate, fuori dai giri turistici più battuti.

    Grazie al cielo Marte è ancora un luogo poco turisticizzato, il viaggio è lunghetto, e questo fattore scoraggia anche i più intraprendenti; oggi come oggi ci vogliono più di 160 giorni (si devono percorrere circa 225 milioni di km), per fortuna le navicelle spaziali sono grandi, superefficienti e offrono tutti i comfort; diciamo che il viaggio è una specie di crociera aerea di lunga durata, ma poi una volta che sei lì, su Marte, mi assicura sempre Pier Aldo, la bellezza insuperabile del paesaggio, le meraviglie dell’architettura marziana e la cordialità degli abitanti del Pianeta rosso ti ripagano delle fatiche del trasferimento.

        Ma vado su Marte anche per un’altra ragione, più seria.

        Le coppie miste fra abitanti di diversi pianeti non sono più una novità. Io sto insieme a una marziana ormai da due anni. Lei è molto dolce. Non ha ancora compiuto 346 nil (un «nil» marziano è pari a 16 dei nostri anni solari). Ci siamo conosciuti a Amsterdam, durante un convegno sulla coltivazione delle piante in zone desertiche, immagazzinando l’acqua grazie allo sfruttamento dell’umidità notturna. Voglio verificare se questa nuova tecnica, messa a punto da un ingegnere olandese, può applicarsi nei deserti sabbiosi di Marte. Sarebbe un bel business.

        Approfittando di questa sperimentazione farò la conoscenza dei miei futuri suoceri.



aprile 2017

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