Paolo Albani
UNA MODESTA PROPOSTA
  
   

   
   L’altro giorno ho fatto una pensata che, non lo dico per vantarmi, ma è qualcosa di geniale, nella sua semplicità. Quasi sempre le trovate semplici sono le più intelligenti (mi sembra lo sostenesse anche Albert Einstein). Mi è venuta, la pensata, ascoltando in televisione le parole concitate di Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, durante un comizio in piazza del Popolo a Roma, davanti a una folla oceanica e uno sfarfallio minaccioso di bandiere rosse.
  Cercate di seguirmi. Il ragionamento fila liscio come l’olio.
  Ecco in breve la pensata che ho avuto l’altro giorno. Se noi mettessimo, in base a una legge votata in Parlamento, una tassa sulle panchine usate dai pensionati in ogni angolo del paese, poniamo 10 € al mese, una tassa per lo sfruttamento logistico di un immobile di proprietà del Comune, un balzello o contributo sociale, chiamatelo come volete, per starsene seduti a non far niente, spaparanzati su un comodo “asilo” (di ferro, legno o cemento, non ha importanza), riscaldato dal culo floscio del pensionato, che si parcheggia lì per giornate intere, a scambiare due chiacchiere con altri pensionati, per ingannare il tempo e arrivare a cena, ovvero, detto in altre parole, se facessimo pagare ai pensionati una tassa, o meglio un versamento quasi simbolico (10 € sono una sciocchezza, alla portata di tutte le tasche, anche di quelle dei pensionati con la pensione minima) – preferisco versamento quasi simbolico alla parola tassa perché «tassa» suona minaccioso, punitivo, vampiresco –, dunque un versamento per l’occupazione del suolo pubblico, nel caso specifico corrispondente allo spazio della panchina che il pensionato utilizza a sbafo, passandovi lì una quantità enorme di ore, per lo più a trastullarsi in conversazioni futili, a tirar su ragionamenti fasulli, campati in aria, farfugliamenti vuoti dentro i quali i pensionati si perdono un po’ per convinzione un po’ per sbarcare il lunario, perché alla fine dei conti sono dei perdigiorno e non fanno un cazzo dalla mattina alla sera, se non piazzarsi su una panchina a girarsi i pollici, ecco credo che, in virtù di questa ridicola (per entità) tassa mensile, l’erario ci guadagnerebbe un bel gruzzoletto, una somma non indifferente, e questo per due ragioni: primo perché le panchine sparse ovunque sul territorio nazionale, negli spazi pubblici, in città e paesi e frazioni di paesi, campagne, monti, sono numerose (sulla base di un censimento non ufficiale si parla, a tutt’oggi, almeno di 3.234.767 panchine di ogni dimensione e materiale, ma forse sono di più); secondo perché altrettanto grande è il numero dei pensionati che fra qualche anno, dicono le statistiche, supereranno il numero dei soggetti che lavorano.
  Considerando che ogni panchina può ospitare dai tre ai quattro pensionati, ognuno dei quali pagherebbe 10 €, se moltiplicate l’importo di 30/40 € per il numero delle panchine censite, scoprirete da voi di quanto si rimpinguerebbero le casse dello Stato.
    Quando si avanza una proposta di legge, specie in materia fiscale (tutti sono sensibili ai soldi che hanno, con le tasse si tocca un nervo scoperto), vengono fuori divergenze, perplessità, proposte di modifiche, ecc. A tutto ciò non va esente la mia proposta di tassare i pensionati che occupano le panchine di stato.
   Ad esempio, mi si è obiettato: che cosa fare dei senzatetto? Anche loro sono cittadini, sia pure speciali, che beneficiano delle comodità delle panchine, anzi, dato che spesso ci dormono sulle panchine, sia di giorno che di notte, circostanza che implica l’occupazione di una panchina per un solo individuo che, stando sdraiato su un fianco, per lungo, rende inagibile la panchina stessa e la sottrae ai benefici di altri potenziali «clienti», non sarà il caso di far pagare ai senzatetto una tassa più alta, se pur di poco, rispetto a quella auspicata per i pensionati?
    La questione è delicata, merita una riflessione attenta, per non scadere nel populismo o in scorciatoie demagogiche. Il fatto è che bisogna tener conto della situazione di indigenza in cui versano i senzatetto, ovvero della loro scarsa disponibilità di reddito che implica una limitata capacità di spesa.
  Attenzione: ho usato l’aggettivo «scarsa», non ho detto nulla.
  I senzatetto, o «barboni» o «clochard», vivono di elemosina o di un piccolo sussidio, mangiano alle mense della Caritas, e in certi casi hanno un cane che fa loro compagnia, un cane che i senzatetto, mostrando una certa dose di cinismo, sfruttano per impietosire i passanti, specie quelli che amano gli animali. È pur vero, d’altro canto, che non avendo una casa né altri oggetti di consumo ormai comuni, che rientrano nel paniere dei beni necessari, auto, cellulari, computer, inoltre non dovendo sobbarcarsi spese ordinarie come tassi d’interesse per prestiti, commissioni bancarie di ogni tipo, come quando il prelievo del bancomat viene usato presso lo sportello di una banca diversa dalla nostra, il che comporta un supplemento di esborso mediamente pari a 1,5 / 2 €, le uscite finanziarie dei senzatetto sono modeste, ridotte al minimo, ma non uguali a zero, ciò significa che, anche per i senzatetto, al di là di ogni ragionevole senso di equità del fisco, esiste un margine di contribuzione erariale per l’uso delle panchine.
    Tenuto conto dello status economico dei senzatetto, che non hanno un reddito fisso come i pensionati che per di più si avvalgono della protezione dei sindacati, specie della CGIL di Maurizio Landini, l’organizzazione più agguerrita nel panorama sindacale italiano, penso sia giusto applicare ai senzatetto una tassa per l’uso diurno e notturno delle panchine, ben inteso adeguato ai loro introiti una volta accertati dalla polizia municipale, stabilendo per loro, per i barboni, un tetto massimo di 7 euro mensili non contrattabili.






   Infine, aggiungo un’ultima osservazione non marginale.
  Le tasse sulle panchine per pensionati e senzatetto vanno calibrate alla qualità delle panchine effettivamente usate, per un senso di giustizia sociale (altrimenti potete immaginare cosa sarebbe capace di scatenare quella testa calda di Maurizio Landini). Non si può pretendere di gravare sul contribuente allo stesso modo, con lo stesso importo di tassa, sia che si tratti di panchine di legno (più confortevoli) sia nel caso di panchine di ferro o di cemento. Sarebbe un’ingiustizia.
  STATE ATTENTI, LANDINI VI GUARDA!
  Così ritengo ragionevole e sacrosanto che un pensionato e un senzatetto che si avvalgono delle comodità offerte da una panchina Poverflex, ideata alla fine degli anni Novanta del secolo scorso dall’Università del Progetto di Reggio Emilia, che garantisce, come recita la pubblicità, «un riposo comodo e tranquillo per una vita più sana», paghino una tassa leggermente più alta.



P.S. Uno dei componenti del mio team (per elaborare la mia proposta ho costituito un team di cinque persone, tutti esperti di problemi del lavoro) ha avanzato un’idea originale, che ancora è allo studio, una proposta di ampliamento del campo della tassazione sulle cosiddette persone a riposo, soggetti improduttivi: «Perché non mettere una tassa anche sui “divanisti” o “divanari”, cioè sulle persone -
pensionati e non - che trascorrono gran parte della giornata su un divano, impegnati in attività non remunerative (leggere libri, quotidiani o riviste di gossip, guardare la tv, fare le parole crociate, ecc.)? In fondo, panchine e divani sono luoghi simili, che rispondono alle aspettative di una stessa filosofia di vita».
  
Ci stiamo ragionando.  




ottobre 2023

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