pagina del sito di Paolo Albani

Paolo Albani
NELLA SAGA
DELL'ITALIA MODERNA





   Non stupisce che verso la seconda metà dell’Ottocento un giovane redattore del giornale socialista «Il Martello», la cui redazione è ospitata nella cucina di un sarto, venga fermato dai carabinieri per aver gridato: «Viva la Comune, viva l’Internazionale, viva i malfattori, avanti vigliacchi sgherri!». È lo stesso giovane che ha pubblicato una poesia a dir poco sovversiva intitolata La morte del ricco.
    Quello che stupisce (almeno me) è scoprire che quel giovane, che secondo il verbale d’arresto ha in tasca una poesia in dialetto bolognese (non sappiamo di chi), si chiami, pensate un po’, Giovanni Pascoli, Zvanì per familiari e amici, l’autore, da grande, di meravigliose poesie, tipo La cavallina storna, che tutti a scuola abbiamo imparato a memoria.







Giovanni Pascoli giovane
(1855-1912)



   È una delle tante storie raccontate nel libro, a dir poco delizioso (l’aggettivo è speso bene, credetemi), di Mauro Orletti Però ci siamo divertiti, uscito per Èxòrma, una sorta di avvincente saga dell’Italia moderna, in cui si ripercorrono le vicende politiche più salienti, costellate di intrighi, scandali, lotte furibonde, invidie, tradimenti, che hanno caratterizzano la storia del nostro paese.
   Vicende che Orletti presenta con un piglio da letterato, più che da cronista in senso stretto, scegliendo aneddoti saporiti, frizzanti e significativi, il tutto ancorato a una vasta e meticolosa bibliografia. Nulla d’inventato, dunque. Anzi, tutto documentato, verificabile, riscontrabile in libri, giornali, diari, lettere, pagine d’archivi, ecc. Solo che Orletti ci presenta i fatti in modo così sapiente e allettante, che sembra quasi che sia lì, appostato dietro la porta, a spiare i personaggi di cui ci parla, in uno stile sobrio e allo stesso tempo colorito, senza orpelli retorici o fronzoli manieristici.
   È lo stesso procedimento che Orletti ha sperimentato in un altro suo libro, Un metro lungo due metri (bellissimo titolo), sempre per Èxòrma nel 2022, costruito intorno alla figura di Remo Gaspari, notabile democristiano della Prima Repubblica, dieci volte deputato e sedici volte ministro, «personaggio buffo e antipatico, innocuo e autoritario», abruzzese come lo stesso Orletti.
    Insomma, quello che voglio dire è che certi materiali – prendiamo ad esempio le cronache giudiziarie, i delitti, i crimini – in mano a un bravo scrittore diventano un racconto al limite del fantastico, prendono un altro connotato capace di far sentire sulla pelle del lettore ciò che è successo, senza tuttavia mai tradire la realtà, mai piegarla ai propri fini o travisarla. Si sarà capito che sto pensando a quei sorprendenti articoli di “nera” scritti da Dino Buzzati.
    Ugualmente accade con le vicende di cui si occupa Orletti che, da scrittore navigato con l’occhio attento dello storico (mi piace ricordare un altro suo titolo: Piccola storia delle eresie, Quodlibet Compagnia Extra 2014), in Però ci siamo divertiti ci fa rivivere in modo poetico e brillante storie che abbiamo avuto sotto gli occhi, o che ci sono passate accanto, mostrandocene aspetti curiosi e insoliti.
   L’incipit del libro è graffiante: si parte dalla morte di Giuseppe Mazzini, immortalato in un quadro di Salvatore Lega, pittore «d’indole randagia e brontolona», per approdare a uno “scienziato pazzo”, amico dello scapigliato Carlo Dossi, cioè Paolo Gorini, cui viene affidato il compito d’imbalsamare il corpo del patriota repubblicano (nel film del 1972 Bianco, rosso e..., diretto da Alberto Lattuada con Adriano Celentano, Sophia Loren e Fernando Rey, ci sono delle scene girate dentro l’ospedale vecchio di Lodi in cui s’intravedono alcune “mummie” essiccate da Gorini).
   Esplosivo il capitolo che Orletti dedica alla «bomba di Orsini», concepita e utilizzata per la prima volta dal rivoluzionario Felice Orsini che ben presto diventa un simbolo, l’incubo dei tiranni (la riproduzione della bomba campeggia sulla copertina del libro di Orletti).
  In un altro capitolo, Orletti parla della rivoluzionaria russa Anna Kuliscioff, amante prima di Andrea Costa e poi di Filippo Turati, il gotha del socialismo italiano. Processata a Firenze, fra il pubblico in tribunale c’è il giornalista Carlo Collodi che confesserà di essersi ispirato alla Kuliscioff per il personaggio della fata turchina di Pinocchio.
  Il libro si chiude con le aspirazioni politiche di una ragazza di quindici anni, del quartiere romano della Garbatella, che bussa alle porte della sezione del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano.
    Vi dice qualcosa?




Mauro Orletti
Però ci siamo divertiti

Èxòrma, pagg. 237, € 18,50


  


«Domenica - Il Sole 24 Ore», N. 302,
  2 novembre 2025, p. VI.


Per la versione in pdf
di questa recensione cliccate qui.





Per andare o ritornare al menu
delle mie collaborazioni
alla «Domenica de Il Sole 24 Ore»
 cliccate qui.






HOME  PAGE        TèCHNE      RACCONTI    POESIA  VISIVA

ENCICLOPEDIE  BIZZARRE      ESERCIZI  RICREATIVI       NEWS