PENSIERINI SINISTRATI Pensare è un’abitudine ben radicata nell’uomo.
Un uomo che non pensa è un uomo non giudizioso, il contrario di un benpensante. Leonardo Sciascia, La scomparsa di Majorana 1. Parafrasando il proverbio: «Un pensierino sinistrato al giorno toglie il medico d’intorno», mi viene da pensare al mio medico di famiglia (va da sé che la mia famiglia, oggi come oggi, sono solo io). Nella fattispecie, il mio medico di famiglia è una dottoressa che sembra più una maga che una scienziata, porta un sacco di anelli alle dita come le chiromanti che leggono il futuro nella sfera di cristallo o interpretano le carte in una stanza semibuia, ha la voce rauca, è bassina e grassottella (quest’ultime caratteristiche non hanno nulla di magico né di lombrosiano, sono semplici notazioni). Una volta che avevo un orzaiolo la mia dottoressa mi suggerisce di guardare dentro una bottiglia d’olio, più precisamente mi consiglia di appoggiare l’occhio con l’orzaiolo all’imboccatura di una bottiglia d’olio, naturalmente aperta, e scrutarvi dentro per qualche secondo. «Davvero?», le chiedo sorpreso. «Sì, provi», mi rassicura lei. E pensare che ha fatto – come tutti i medici di questo mondo – il giuramento d’Ippocrate. A occhio e croce, non mi sembra tanto “scientifica” la sua raccomandazione. Ma tutto è possibile, anche che il mio orzaiolo scompaia guardando dentro una bottiglia d’olio. 2. Come vede chi ha gli occhi storti, cioè lo strabico, che ha gli occhi non ben allineati e puntano in direzioni diverse? Vede una realtà contorta? Vede gli oggetti che stanno alla sua sinistra a destra e viceversa, gli oggetti che stanno alla sua destra a sinistra? Ho letto da qualche parte che in molti casi gli strabici vedono due immagini dello stesso oggetto perché gli occhi inviano al cervello due segnali visivi non corrispondenti, il che significa che se hanno davanti a sé una donna nuda ne vedono due, oppure può succedere che, per evitare la confusione creata dalla doppia visione, il cervello “spenga” o ignori l’immagine proveniente dall’occhio non allineato, determinando la perdita della visione binoculare (cioè la capacità di vedere in 3D), in quest’ultimo caso, la donna nuda resta una sola. 3. Un uomo cammina per le strade di C**** e svolta sempre a sinistra, mai a destra. Si è dato questa regola nella vita: svoltare a sinistra. Se deve entrare in un portone, anche quello di casa sua, fa in modo di arrivarci dal lato che gli permette di svoltare a sinistra e guadagnare l’ingresso dello stabile varcando il portone da sinistra. Ormai va in automatico. Non sbaglia mai. Ogni volta che deve cambiare direzione lo fa svoltando a sinistra. Ad esempio, quando entra e esce dal bar dove ogni mattina fa colazione, compie una traiettoria con il corpo che è orientata verso sinistra. Si direbbe che gli venga spontaneo il movimento verso sinistra. È un sinistrorso inamovibile. È possibile che il fatto di svoltare a sinistra per arrivare dove deve arrivare gli costi un allungamento del tragitto, ma questo non ha alcuna importanza per lui. L’importante è che la svolta sia sempre verso sinistra. È questo che conta, che lo fa stare bene, in pace. Anche quando deve scendere da un autobus o da un treno fa in modo che la portiera della discesa si trovi alla sua sinistra. Lo stesso accade quando viaggia in aereo, scende dall’uscita dell’aereo che è collocata alla sua sinistra. Negli uffici postali o in banca si mette sempre in attesa del suo turno là dove lo sportello in cui deve sbrigare le operazioni postali o bancarie è raggiungibile da sinistra. In spiaggia, d’estate, l’ombrellone che affitta per la famiglia è in fondo a sinistra, entrando nello stabilimento balneare, fra le prime file, e sotto l’ombrellone, nemmeno a dirlo, la sdraio a lui riservata è quella a sinistra guardando il mare. Anche quando guida l’auto, l’uomo svolta regolarmente a sinistra sebbene questo lo costringa a lunghi giri, bruschi cambiamenti, inversioni, veri e propri itinerari arzigogolati, che gli fanno perdere tempo. Ma non c’è perdita di tempo che valga più del rispetto della regola che ha deciso di seguire. Nessuno fa caso agli spostamenti a sinistra dell’uomo, nessuno si accorge che l’uomo segue una regola che lo orienta verso sinistra. È una regola nascosta, personale, intima. Se qualcuno casualmente venisse a sapere di questa sua predisposizione d’animo verso uno spostamento a sinistra, potrebbe, per scherzo, fargli perdere l’orientamento, ad esempio somministrandogli con l’inganno una bibita drogata che lo stordisca e lo spinga a voltare a destra, contro la propria volontà. Ma è un’eventualità abbastanza improbabile. L’uomo è accorto, non si fida di nessuno. Continua imperterrito nel suo testardo disegno orientativo e non si stanca di prendere la direzione desiderata, cioè la sinistra. Perché abbia optato per la sinistra, è un mistero, e forse nemmeno lui, se interpellato, saprebbe darvi una spiegazione soddisfacente. 4. Cos’è un «libro a rovescio»? È un libro che si legge da destra verso sinistra, il che significa che la copertina del libro è in fondo al libro stesso, mentre la quarta di copertina, contenente anche il prezzo del libro (c’è scritto: «Prezzo del presente volume: ORE SEI», quest’ultime due parole sono in rosso), figura all’inizio, nella prima pagina del libro. Insomma, un «libro a rovescio» si legge partendo dall’ultima pagina, ovvero in altri termini le pagine si sfogliano da destra verso sinistra. In un libro “normale”, è pacifico che la lettura si effettui da sinistra verso destra. È la norma storicamente consolidata, almeno da noi in occidente. Nel 1943 presso le «Arti Grafiche Trinacria» in via Crescenzo n. 2 a Roma viene stampato il libro di A. [ntonio?] Garavaglia intitolato L’anno di 90 giorni. “Tempi nuovi”. (1) Sulla copertina, in basso, è riportata la dicitura: «Primo libro a rovescio». ![]() Di A. Garavaglia non abbiano notizie biografiche, possiamo solo dire che, a giudicare dal contenuto del libro, non sarebbe azzardato definirlo un «mattoide», uno scrittore bizzarro, di quelli che Carlo Dossi ha inserito ne I mattoidi al primo concorso pel monumento in Roma a Vittorio Emanuele II (1884). Dedicato alla moglie e ai figli, l’amore per i quali lo ha spinto all’indagine su alcuni fenomeni conducendolo «a trovare gli insegnamenti di Dio», il libro di Garavaglia viene presentato dal suo autore con queste parole: Riflessioni eterodosse ai margini della tragica vicenda economica e prospettive di soluzioni storiche mediante una rivoluzione incruenta. Romanzo del lavoro nella sua realtà quale essa incide sull’anima dei suoi anonimi protagonisti impotenti a scuotere il giogo superfluo della schiavitù imposta dagli uomini e maledetta da Dio. Il “tempo” come fattore economico, politico e sociale, redentore dell’umanità impegnata col problema della vita, avvelenata dalla supremazia della macchina e dal trionfo dell’egoismo. Apologia della dis-occupazione e dell’ozio proficuo. Abbandono del concetto della imprescindibilità della piena occupazione operaia. Dinamismo economico della carità. Di cosa parli il libro di Garavaglia è difficile da riassumere. Sono considerazioni (di una certa effervescente sconclusionatezza) su argomenti come (cito i titoli di alcuni capitoli) L’orario di lavoro è stato sempre considerato come una questione secondaria; Creazione di produzione superflua da destinare indirettamente ai poveri; L’arte e la fame; Espedienti temporanei da conservare in permanenza; Diplomi di «massaia» condizione per nullaosta a sposarsi; Il «signor» cameriere (Parte prima); Riparare alla mancanza di mercede, di lavoro, di rendita di proprietà; Campagna antispreco di idee e proposte; Elevamento culturale dei salariati collaboratori degli imprenditori; Utopie realizzabili (Parte seconda); infine un’Appendice con Suggerimenti sul servizio tranviario; Sul bi-ciclo (Parte terza). Nella quarta di copertina che nel «libro a rovescio» è poi la prima pagina, Garavaglia afferma: «Abbiamo proceduto da gamberi finora […] per annullare a ritroso e verso l’equilibrio, le deviazioni subite» dal progresso tecnico che ha raggiunto altezze e velocità siderali e il regresso spirituale che ha raggiunto profondità e oscurità siderali. Come nasce il titolo del libro? Viene fuori dalle statistiche, scrive Garavaglia. In tempo di pace si rileva che i nostri impianti industriali funzionano circa 40 ore per settimana; ciò comporta che tutto il nostro «apprestamento produttivo, distributivo ed amministrativo» è di 2080 ore all’anno (40 x 52), ovvero circa tre mesi a 24 ore giornaliere: si ottiene così un anno di 90 giorni. Il libro è composto da una serie di scritti apparsi su giornali e riviste, come «Il Sole» di Milano, la «Rivista di Politica Economica», «L’Osservatore Romano», ecc., poi cuciti insieme. Nella Prefazione Garavaglia si lancia in un paragone che suona inafferrabile, nonsensico, oltre che di una meravigliosa comicità involontaria: Qualcuno che le ha lette prima che fossero stampate [le note di Garavaglia, ndr] ebbe a paragonarle alla valigia grande del bagaglio familiare tornato dal viaggio dopo un’accurata visita doganale. La cipria s’è sparsa ogni dove e s’è impastata con l’acqua di colonia. Gli spilli sono usciti dalla scatolina e dove si mette la mano ci si punge. E ne escono calze e cravatte insieme e una pantofola con la medicina del bambino e il vestito da sera della moglie imbrattato di cioccolata e la camicia a sparato spalmata di brillantina. Ma con la pazienza, nel disfarla, si arriva al fondo ed allora, a poco a poco, la pantofola trova la compagna, gli spilli trovano la scatola, e le calze si appaiano ed un po’ d’ordine si è ristabilito e la valigia, che quando giunse sembrava scoppiare, torna, vuota, in soffitta. Quello di Garavaglia, come lui stesso lo definisce (a p. 303), è «un libro mancino» (facile ironia sarebbe sostituire a «libro mancino» tiro mancino compiuto nei confronti del lettore). Sul perché abbia scelto questa tecnica – che chiama “impaginatura Garavaglia” – l’autore de L’anno di 90 giorni offre questa spiegazione: dicono che sviluppando le facoltà del lato sinistro del corpo si favorisce lo sviluppo del lato destro del cervello e si potrebbe azzardare quindi l’ipotesi che in tale attuale mancanza di sviluppo risieda la causa di tutti i mali dell’umanità. Perciò è da sperare che educandola ad essere più ambidestra (intanto con più libri mancini) molti di tali mali trovino nello sviluppo del lato destro del cervello il loro rimedio. Nota Il libro di Garavaglia mi è stato regalato da Danni Antonello, poeta, traduttore, scrittore, libraio, editore (con Gino Giometti ha fondato la casa editrice Giometti&Antonello), libero pensatore, morto a soli 39 anni nel 2017, nella sua «bottega di arti, libri e carte», la libreria Scaramouche, nel centro di piazza Mazzini a Macerata. Danni mi fece omaggio del libro di Garavaglia in occasione della fiera dell’editoria «Macerata racconta», edizione intitolata le distanze, svoltasi dal 1° al 5 maggio 2013. ![]() giugno 2025
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