Paolo Albani
CUCINA FANTASTICA E POTENZIALE




III EDIZIONE
Reggio Emilia
Cortile della Provincia Palazzo Allende
Corso Garibaldi 59
ore 21

dal 4 al 9 settembre 2012


RACCONTARE DI GUSTO
incontri di letteratura gastronomica e di gastronomia letteraria
martedì 5 settembre 2012
Sabrina Basoni (Reporter) conversa con Paolo Albani.

Per il programma dettagliato della manifestazione cliccate qui.

Ecco un breve schema del mio intervento:

1. La cucina in alcuni luoghi fantastici
Le mirabolanti ricette di François Rabelais
Il paese di Bengodi nel Decameron di Giovanni Boccaccio
Il paese di Cuccagna in vari autori dei secoli XVI e XVII
La libreria dei Gastrimargi di Francesco Fulvio Frugoni
I cibi nell’isola di Laputa nei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift
Le città invisibili di Italo Calvino

2. Come si cucinano gli animali fantastici
(spiedini di kraken; brodo di zaratan; soppressata di burak; ecc.)

3. Alcune ricette strampalate
Le ricette di Ildegarda di Bingen
(contro il riso smodato; contro la smemoratezza; ecc.)
Il mattoide Francesco Becherucci e le uova di gallina
I salutisti folli

4. Le fantasiose ricette dei futuristi

5. Una digressione: il pane nell’arte contemporanea

6. La cucina potenziale (legata all’Opificio di Letteratura Potenziale)
Georges Perec e i menu monocromatici
I menu monocromatici e monovocalici di Raffaele Aragona
Le ricette dell’Artusi rivisitate con il metodo S + n
Una cena di cine (Caviale del tramonto; La minestra sul cortile; ecc.)
Menu mnemonico (crittografia mnemonica)
Menu anagrammati
Menu retorico

7. Così mangiò Zarathustra secondo Woody Allen
(frittelle Al di là del Bene e del Male;
condimento per insalate Volontà di Potenza; ecc.)

8. Le (ovvie) ricette per cucinare un uovo
I suggerimenti di Eugène Ionesco
Variazioni sul tema di come cucinare un uovo

9. Le frasi matte in cucina
(Ieri ho mangiato i funghi traforati; Stasera frittura di crampi;
Adoro le pesche sciroccate; ecc.)

10. La «pubblicità canaglia» dell’Università del progetto di Reggio Emilia

Uno dei temi affrontati nel mio intervento è quello dei piatti culinari
inventati da François Rabelais e riportati nel Gargantua e Pantagruele:

LIBRO QUINTO E ULTIMO
Capitolo trentaduesimo bis
Come le signore Lanterne furono servite a pranzo



    Pive fagotti e cornamuse suonarono armoniosamente, e furon portate le vivande. All’entrar del primo servizio la regina prese, a guisa di pillole del buon odore, voglio dire ante cibum, per sgrassarsi lo stomaco, una cucchiaiata di pettasina. Poi furono serviti:

    I quattro quarti del montone che portò Elle e Frisso per lo stretto della Propontide; i due caprioli della celebre capra Amaltea, nutrice di Giove; i piccoli di quella cerbiatta Egeria, consigliera di Numa Pompilio; sei paperi covati da quella degna oca Ilmatica la quale col suo canto salvò la rocca Tarpea di Roma; i maialini di Troia; il vitello della vacca Ino, così mal guardata da Argo; il polmone di quella volpe che Nettuno e Vulcano avevano così mal fatata, a quanto dice Giulio Polluce in Canibus; il cigno nel quale si convertì Giove per amore di Leda; il bue Api, di Menfi in Egitto che rifiutò di prender cibo nella mano di Cesare Germanico, e sei di quei buoi rubati da Caco e recuperati da Ercole; i due capretti che Coridone ricuperò per Alexis; il cinghiale erimantico, olimpico e calidonio, i cremasteri del toro tanto amato da Pasifae; il cervo nel quale fu trasformato Atteone; il fegato dell'orsa Calisto.

    E poi:

Scappellotti alla saporita,
Gemme false,
Turabuchi,
Gallimastri all'agretta,
Galligrù,
Stagnolette,
Bagoline in pasticcio,
Stronzi fini alla sberlottina,
Albarine di mare,
Bocconcini di lepre, squisiti,
Promerdis, vivanda sovrana,
Fangolette,
Primeronze,
Bregidollini,
Lansbregotti,
Frilleginingui,
Sporcatella,
Brigaglie strapazzate,
Genabini d'alto fusto,
Starabiglie,
Cornicabotti,
Cornamcuse rivestite di brezza,
Gendarminaria,
Laringotti,
Trismarmaglia,
Lordisopiraz,
Mopsopiga,
Montansena,
Fecciatella,
Mordinfreni,
Bibbagoti,
Volpupingi,
Gaffelaggi,
Stercosetti,
Dirindindina,
Mordigazza.

    Come secondo servizio furon serviti:

Spingistringetti,
Intraduchetti,
Cazzamaglia ghiottissima,
Anellalde,
Coccoline di lepre,
Bandolivaghe, cibo raro,
Manigolle del Levante,
Fruscolini di Ponente,
Petaradina,
Notrodille,
Vescicolanda,
Feci in Braga,
Lardo d'asino,
Cacca in pelo,
Moniascone,
Fanfaluche,
Spopondrillochi,
Del Lasciamistare,
Del Tiratinlà,
Del Buttaticitù,
Del Battinmano,
Del San Ballerano,
Delle Droghiotte,
Degli Ivriciocchi,
Tempeste di marzo,
Triccabilla,
Rizzatella,
Smuccipendoli,
Dei Rinnegabìo,
Delle Urtalaglie,
Della Pasticciandrìa,
Degli Ancrostabotti,
Del Billebabù,
Marabira,
Sinsanbregotti,
Dei Lippe-lappe,
Papaverti,
Maralippi,
Spiedanculti,
Fiocchestrati,
Marmittaglia in pisciaforte,
Merdignola,
Polpettinpetola,
Candeloca,
Piedipiatti,
Cinfernelli,
Nasi d'assi di fiori pasticciati,
Dalla Pasqua di Soglia,
Staffilate,
Vischiacuzzi.

    Per ultimo servizio furon portati:

Droghe Sernoghe,
Tricca Dindese,
Ogmagoghe in giuncata,
Dei Trallalì-Trallalà,
Sbalaffrata alla graffignata,
Dei Ciricì-Ciribà,
Delle Ingannagallette,
Della Uccabarucca,
Del Pirimpinpin,
Neve dell'an passato, di cui c'è grande abbondanza nel Lanternese,
Striminzelli ,
Salsparutelli,
Turututera-Turututà,
Mizzene,
Grisgramigne, frutti deliziosi,
Marioletti,
Fregatelle,
Pica candita,
Della Moschinculada,
Del Soffiaminculo,
Maniganze,
Trittoffelle,
Briffabelle,
Aliborrini,
Tirapetuzzi,
Concardine,
Conchiglie sbatite,
Scuffiotelle,
Chiassaline.

    Come dessert portarono un gran vassoio di merda coperto di stronzi fioriti: che era un gran piatto pieno di miel bianco, coperto d'uno strato di seta cremisi.
    La bevanda fu servita in tirlarigotti, bel vasellame antico, e non bevevan nient'altro che elaiode [«olio», in greco], beveraggio assai sgradevole a mio gusto, ma che nel Lanternese è bibita deifica, e vi si inebbriano come da noi: tanto che io vidi una vecchia Lanterna, sdentata, rivestita di pergamena, Lanterna caporale d’altre Lanterne giovani, la quale, gridando allo scantiniere: Lampades nostre estinguuntur! tanto si ubriacò da perdere senz’altro vita e luce. E fu detto a Pantagruele che spesso nel Lanternese perivano così le Lanterne lanternate, anche nel tempo che si riunivano a consiglio.



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