Paolo Albani
GENIO
E FOLLIA
DI ALESSANDRO MANZONI
Nel 1898,
pubblicato a proprie spese (all’ultimo momento U. Hoepli non ha il coraggio di stamparlo), esce a Milano Genio
e follia di Alessandro Manzoni in cui sono raccontate, usando il
metodo lombrosiano (anche nel titolo il libro echeggia il linguaggio
del Lombroso), le innumerevoli fobie, abulie e monomanie di Alessandro
Manzoni. L’autore del libro è Paolo Bellezza (1867-1950),
esperto di lingue moderne, pioniere degli studi americanisti in Italia,
all’epoca un autorevole studioso della vita del Manzoni e della sua
opera che – si dice - conosce tutta a memoria.
Alessandro Manzoni
(1785-1873)
In Genio e follia
di Alessandro Manzoni sono delineati alcuni tratti a dir poco
singolari, bizzarri della personalità di Manzoni. Si racconta ad
esempio che Manzoni porta sempre con sé una boccetta di aceto
fortissimo; un giorno, sorpreso da un suo malessere nervoso in mezzo al
viale del giardino della villa di Brusuglio, temendo di svenire prima
di rientrare, si mette a correre cercando allo stesso tempo di gettarsi
sotto il naso l'aceto, ma il movimento inconsulto fa sì che
qualche goccia di quel liquido bruciante gli vada in un occhio che ne
resta gravemente malato. Le lettere ai familiari rivelano in Manzoni
uno stato di massima depressione morale o di profonda indolenza dello
spirito. Va soggetto a «fatica al capo» e soffre spesso di
incomodi di digestione. Il suo temperamento lo spinge qualche volta a
dare in escandescenze, a piangere come un fanciullo per cose che lo
esasperano. Riferisce la poetessa Louise Colet, sua grande amica, che
quando gli comunica la pace di Villafranca Manzoni «cade svenuto
completamente nelle sue braccia». In preda a gravi commozioni e
dolori pare abbia bisogno di mangiare di più. Alcuni biografi
assicurano che Manzoni è epilettico, ragione per cui si muove
sempre accompagnato da qualche fido compagno. È soggetto a
rilassamenti d'attenzione, assenze o distrazioni dello spirito. Lo
testimoniano diversi episodi. Per una sua nipotina fa l'analisi logica
di un periodo dei Promessi Sposi;
invece di lodare l'esecuzione di quel componimento, la maestra la
giudica appena soddisfacente. Una volta, conversando con un amico, cita
una sentenza che gli pare bella, ma non si rammenta dove l'abbia
trovata. «Sfido!» - dice l'amico - «è
vostra!» Manzoni è capace di rimettere allo stesso posto
dieci, venti volte un pezzetto di legno o di brace quando cade fuori da
dove l'ha posto nel caminetto. Qui forse, annota Bellezza, abbiamo un
caso particolare di piromania.
Cesare Lombroso
(1835-1909)
Negli ultimi tempi, scrive ancora Bellezza, Manzoni
confessa desolato: «Temo che mi si indebolisca l’intelligenza,
perché mi sorprendo qualche volta a pronunciare delle parole
senza senso». A chi va a fargli visita, chiede: «Siete
venuto a vedere che divento imbecille?» Gli succede di scambiare
le persone o di non accorgersi di aver messo abiti non suoi; a volte si
trova con due fazzoletti in mano e esita di quale servirsi. Certe
affermazioni dello stesso Manzoni sono eloquenti del suo stato fisico e
mentale: «io sono assolutamente inetto», dichiara; ho
«un'incapacità organica di parlare in pubblico»; si
definisce «balbettone», «un uomo impacciato nel
cervello e nella lingua».
Non appena uscito il libro, Lombroso si felicita col
Bellezza: il volume sul Manzoni «non poteva essere meglio
fatto», gli scrive in una lettera del 23 marzo 1898, e in una
recensione afferma che la degenerazione manzoniana è dimostrata
«con una preziosa ricchezza di documentazioni». Se non che
– attenzione! colpo di scena! - in due articoli apparsi sulla Rassegna Nazionale, Bellezza svela
che il suo libro, per quanto riporti fatti attestati, non è che
una parodia, una presa in giro dei metodi lombrosiani. Non tutti, a
dire il vero, si sono lasciati abbindolare dallo scherzo del Bellezza,
c’è chi ha avvertito subito l’odore della beffa, fra questi
Arturo Graf, uno dei primi a rallegrarsi per la «canzonatura
riuscitissima», e Antonio Fogazzaro («Ella ha scritto
pagine che ogni devoto del Manzoni farà bene a tenere sul
tavolino… Ma sa che qualche troppo rapido lettore non s’era accorto
della parodia e ha preso sul serio il prof. Bellezza per un lombrosiano
o quasi? La cosa è avvenuta a persona intelligentissima e
dottissima che io trassi d’errore», lettera del 19 giugno 1898).
Com’era prevedibile le rivelazioni del Bellezza
fanno infuriare Lombroso che, in una replica velenosa sull’Archivio di Psichiatria, fa marcia
indietro sul libro del Bellezza definendolo, in modo singolare,
«uno scherzo da preti» e denigra il suo autore sostenendo
che tiene in maggior conto i Santi Padri che non Galileo e che
appartiene alla classe «dei pedanti e dei teologizzanti».
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Questo testo è uscito su il
Caffè illustrato, 64-65, gennaio-aprile 2012, p. 13.
Per andare al sommario de il Caffè illustrato cliccate
qui.
Si trova anche nel mio libro intitolato Fenomeni curiosi,
eBook pubblicato da Quodlibet nel 2014.
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