Paolo Albani
I PERSONAGGI FUORI


postfazione al libro di Enrico Mazzardi
Soggetti smarriti (Questi non sono i Promessi Sposi)
Edizioni Il Foglio, Piombino (Livorno), 2011


    Certo che la vita dei personaggi letterari che continua e si procrastina «oltre il libro» o «fuori del libro» cui appartengono è davvero stravagante. In genere è una vita “travagliata”, nel senso di contraffatta, distorta, sottoposta alle manipolazioni più impensate. Fuori dal contesto abituale creato per loro dall’autore che li ha inventati, i personaggi letterari finiscono per diventare altre persone, prendono strade imprevedibili, spesso drammatiche, rovinose o all’opposto parodicamente comiche; altre volte invece si avventurano in strade banalmente positive, che li riscattano dalle abiezioni sofferte, narrate nella prima versione della loro fittizia esistenza.
    Le nuove storie dei personaggi letterari sono quasi sempre frutto di riscritture, genere cui potremmo associare anche in parte il testo di Mazzardi. Sì perché non di rado gli scrittori si cimentano in imprese archeologiche di esplorazione di reperti classici, di opere famose e ne nascano fenomeni curiosi come appunto le riscritture che non necessariamente trattengono in sé il sapore dell'imitazione, della parafrasi o della parodia. Al contrario le riscritture più intriganti - come Venerdì o il Limbo del Pacifico di Michel Tournier - sono rifacimenti che, rispetto alla matrice di partenza, manifestano una profonda autonomia stilistica e d'intreccio, un'originale forza inventiva.
    «L'operazione riscrittura mi sta molto a cuore» scriveva Calvino in una lettera del giugno 1970 a Giambattista Vicari fondatore de il Caffè, rivista satirica di letteratura. Sul tema della riscrittura, affrontato ad esempio nel racconto Il conte di Montecristo (1967), Calvino ritornerà anche nel progetto di rivista letteraria - Alì Babà il nome ipotizzato - che avrebbe dovuto «cercare oltre gli steccati delle discipline e dei saperi settoriali qualcosa "di più"», progetto discusso con Gianni Celati e Guido Neri dal 1968 al 1972 e rimasto ahimè sulla carta. Nell'ambito dell'esperienza dell'Oulipo (Ouvroir de littérature potentielle), gruppo di cui entrò a far parte come «membro straniero» nel febbraio 1973, Calvino ebbe in mente di riscrivere - l'idea però non prese mai corpo - un Amleto in cui l'ordine degli avvenimenti doveva essere rigorosamente capovolto («Hamlet in palindromo») e l'Odissea immaginando un Ulisse «completamente incapace di spostarsi».
    C’è un personaggio in un racconto di Celati - «Idee d’un narratore sul lieto fine» in Narratori delle pianure (1985) - che si diverte a riscrivere il finale d'un centinaio di libri in tutte le lingue, trasformandoli (rovesciandoli) sempre in un lieto fine, per cui ad esempio Madame Bovary - personaggio caro anche a Mazzardi che la presenta in veste di autrice di un romanzo rosa sperimentale - non muore, ma guarisce e si riconcilia con il marito.
    Sempre restando in zona flaubertiana si pensi a Monsieur Bovary (1991), romanzo di Laura Grimaldi che pone al centro dell’intreccio Charles Bovary invece della sua ingombrante moglie. Se Flaubert dipinge Charles come poco acuto, scialbo e tiranneggiato da madre e moglie, Grimaldi al contrario lo mostra come un uomo intellettualmente autonomo, capace di intervenire sugli eventi che lo circondano.
    Anche un altro celebre romanzo, in qualche modo rivisitato da Mazzardi, I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, il cui anagramma è «sa darmi sonnolenza», ha subìto molti rifacimenti (maltrattamenti) più o meno benevoli: basti ricordare lo scapigliato Cletto Arrighi, autore de Gli sposi non promessi (1863), o la parodia scritta nel 1929 da Guido da Verona che, considerando Manzoni un letterato paternalista e dannoso, tolse dal romanzo tutti gli elementi considerati manieristici e futili e li sostituì con passaggi erotici e politici, o infine il recente I promessi morsi (2011) di Anonimo Lombardo sottotitolato: «Storia gotica milanese del secolo XVII».
    Insomma il gioco delle riscritture, specie quelle in forma di continuazioni, è vecchio come il cucco: si va da Edipo a Colono di Sofocle fino alle continuazioni elaborate da Umberto Eco ne Il secondo diario minimo (1992), passando per numerosi significativi esempi fra cui Vent’anni dopo (1845) di Alexander Dumas, romanzo che ricomincia appunto vent'anni dopo le vicende raccontate ne I tre moschettieri.
    Fatta questa premessa, c’è da dire che i personaggi letterari su cui c’intrattiene Mazzardi, per quanto riconoscibili almeno nominalmente, sono solo un pretesto, uno stratagemma per imbastire storie curiose, insolite e anche un po’ sconclusionate, quasi al limite del nonsense, un condimento che per altro, spalmato delicatamente e a piccole dosi sulle pagine di un testo letterario, ha spesso il merito di creare una vertigine balsamica, un piacevole stordimento.
    A ogni buon conto se io fossi un personaggio letterario, un personaggio anche minore di un romanzo qualsiasi, onde evitare l’insidia delle rivisitazioni che pur sempre, anche quando sono animate da buone intenzioni, mantengono un che di perfido e di sberleffo rispetto all’originale da cui hanno preso le mosse, farei di tutto per imitare il gesto dell’Icaro involato di Queneau…

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