Paolo Albani
RAYMOND ROUSSEL 
OULIPIANO PER ANTICIPAZIONE





     Il «procedimento» (il ben famoso procédé) di Raymond Roussel, svelato in Comment j'ai écrit certains de mes livres, pubblicato postumo nel 1935, due anni dopo il suicidio dello scrittore, non poteva non attirare l'attenzione dell’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle, tradotto in italiano con Opificio di Letteratura Potenziale; in francese ouvroir designa propriamente il laboratorio di cucito in un convento di monache o in un istituto di beneficenza) che non è una scuola letteraria né un movimento, ma una «singolare consorteria di letterati, dediti a escogitare bizzarre invenzioni partendo da regole formali severamente costrittive, improntate a uno spiccato gusto matematizzante» (1), una «specie di società segreta» (2), come l'ha definita scherzosamente Calvino che di quella consorteria fece parte, fondata nel 1960 a Parigi da François Le Lionnais e Raymond Queneau, nell’ambito di una delle numerose Sottocommissioni di Lavoro del Collegio di ‘Patafisica.
     E in effetti, com'era naturale, «il più grande ipnotizzatore dell'epoca moderna» compare, per altro in ottima compagnia, fra i plagiari per anticipazione dell'Oulipo, cioè fra gli autori di testi strutturati alla maniera e nello spirito dell'Oulipo prodotti in epoca anteriore alla nascita del gruppo francese. 
    Se il termine plagiario indica chi commette un plagio, ovvero l'illecita appropriazione di un'opera altrui, allora chi ha prodotto un'opera in senso oulipiano prima della fondazione dell'Oulipo, è lecito considerarlo tale, cioè un precursore indebito, appunto un plagiario.
    Fra quelli che stanno a cuore agli oulipiani troviamo Laso di Emione, poeta e musico greco vissuto nella metà del VI secolo a.C., autore di poesie in forma di lipogramma, il poeta latino Decimo Magno Ausonio, maestro di centoni, il trovatore provenzale Arnaut Daniel, inventore della sestina, e poi, più vicini a noi, Edgard Allan Poe che in The Philosophhy of Composition (1846) mostra come nessun particolare della sua poesia più nota The Raven (Il corvo) «sia attribuibile al caso o all’intuizione» e come egli abbia proceduto «passo dopo passo, sino al compimento, con la precisione e la rigida coerenza di un problema di matematica»; e ancora Lewis Carroll, Alphonse Allais e Unica Zürn, autrice di sublimi poesie anagrammate.
     «Da Licofrone (3)  a Raymond Roussel,» afferma Le Lionnais «passando per i Grands Rhètoriqueurs (4), la letteratura sperimentale intende uscire dalla semiclandestinità, affermare la sua legittimità, proclamare le sue ambizioni, darsi dei metodi, adattarsi insomma alla nostra civiltà scientifica» (5).
     L'attuale «segretario definitivamente provvisorio» dell'Oulipo, Marcel Bénabou, ha collocato Roussel, insieme a Jarry, fra i grandi nomi del Pantheon del gruppo francese (6). Dunque, che cos'hanno in comune il metodo di Roussel e la poetica dell'Oulipo?
    In primo luogo, da un lato l'idea di costrizione (contrainte) come pungolo della fantasia, dall'altro l'importanza attribuita alla struttura di un testo.
    La creatività, la fantasia trovano uno stimolo nel rispetto di regole, più o meno esplicite, come quando ad esempio si scrive un testo senza mai usare una determinata lettera (lipogramma), vincolo magistralmente messo in atto ne La disparition di Perec. La costrizione è strumento che amplifica le possibilità di raggiungere soluzioni originali, insolite: l’essere «costretti» a seguire certe regole induce uno sforzo di fantasia; la costrizione non restringe l’orizzonte delle strategie narrative dello scrittore, al contrario, come dice Calvino, ne allarga le «potenzialità visionarie», paradossalmente è «un inno alla libertà d’invenzione», capace, come «il meccanismo più artificiale», «di risvegliare in noi i demoni poetici più inaspettati e più segreti» (7).
     «Occorre crearsi delle costrizioni,» - ha osservato Eco - «per potere inventare liberamente» (8). E ancora: «Le costrizioni sono fondamentali per ogni operazione artistica. Sceglie una costrizione il pittore che decide di usare l'olio piuttosto che la tempera, la tela piuttosto che la parete; il musicista che opta per una tonalità di partenza (poi modulerà, modulerà, ma è a quella che dovrà pur tornare); il poeta che si costruisce la gabbia della rima baciata o dell'endecasillabo. [...] Il bello della storia è che ti devi creare delle costrizioni,» aggiunge Eco, «ma devi sentirti libero nel corso della stesura a cambiarle» (9).
    Come del resto fanno gli oulipiani, «topi che costruiscono da sé il labirinto da cui si propongono di uscire», per i quali esiste sempre la possibilità di «una leggera deriva» in grado di distruggere il sistema stesso delle costrizioni, uno scarto giocoso e liberatorio che hanno chiamato clinamen, mutuandone il termine dalla fisica epicurea dove corrisponde a una deviazione spontanea, imprevedibile degli atomi.
    Anche il procedimento di Roussel - in estrema sintesi: partire da due frasi con parole simili ma con doppio significato per scrivere un racconto che cominci con la prima e finisca con la seconda - costituisce uno strumento per solleticare l'immaginazione. Com'è noto Roussel lo apparenta alla rima: in entrambi i casi «c'è creazione imprevista dovuta a combinazioni foniche». Certo, se è pur vero che «come con le rime si possono fare buoni o cattivi versi», così anche «con questo procedimento si possono fare buone o cattive opere» (10). 
    Di «nominalismo magico» ha parlato Leiris a proposito del procédé di Roussel, «tale che la parola suscita la cosa e la dislocazione ("un po' come se si trattasse di estrarne disegni da rebus") di una serie di frasi qualsiasi determina la ricreazione dell'universo, la costruzione di un mondo speciale che prende il posto del mondo comune» (11).
    Dunque è dal procedimento che si è dato che Roussel trae spunti per le sue narrazioni fantastiche, non certo dai suoi innumerevoli viaggi esotici: «da tutti questi viaggi, non ho mai ricavato nulla per i miei libri. Mi è sembrato che la cosa meritasse di essere segnalata tanto dimostra chiaramente che per me l'immaginazione è tutto» (12).
    Lo scopo dei lavori dell'Oulipo, per dirla con Queneau, è quello di «proporre agli scrittori nuove “strutture”, di natura matematica oppure inventare nuovi procedimenti artificiali o meccanici, contribuendo all’attività letteraria: supporti dell’ispirazione, per così dire, oppure, in un certo senso, un aiuto alla creatività» (13). Allo stesso modo la speranza di Roussel è che il suo procedimento possa in futuro essere sfruttato da qualche scrittore con successo (14).
     Predomina in entrambi, in Roussel e negli scrittori dell'Oulipo, un'idea di letteratura come gioco combinatorio che segue le possibilità implicite nel proprio materiale, che non si risolve in un problema d'ispirazione discesa da chissà quali altezze, d'intuizione pura o di rispecchiamento delle strutture sociali o di presa diretta della psicologia del profondo, come vogliono le varie estetiche del novecento (15). 
     La caratteristica del procedimento rousselliano, come ricorda il suo stesso inventore, consiste nel creare delle specie di equazioni di fatto (secondo un'espressione usata da Robert de Montesquiou (16) in uno studio sui libri di Roussel) che occorre poi risolvere logicamente (17), così come fa il giocatore di scacchi quando imbastisce la ragnatela delle sue mosse e contromosse (18).

  Vediamo ora di rintracciare alcuni segni concreti dell'influenza rousseliana sul lavoro degli scrittori oulipiani (19).
     Un primo riscontro investe un progetto di «gioco letterario» che prende lo strano nome di P.A.L.F. (acronimo di Production Automatique de Littérature Française) elaborato da Georges Perec e Marcel Bénabou nella primavera del 1966, durante le riunioni settimanali che, in omaggio a Mallarmé, si svolgevano il martedì pomeriggio a casa di Perec, indipendentemente dai lavori dell'Oulipo che ancora, a quei tempi, si muoveva come una «società segreta» (20).
     L'esperimento consiste: a) nello scegliere due parole e/o due frasi possibilmente apodittiche o apoftegmatiche, cioè brevi; b) nel sostituire ad esse le definizioni date da un dizionario (nel caso in questione si tratta del Dictionnaire de la langue française di Émile Littré); c) quindi nell'ottenere, attraverso continue trasformazioni, l'equivalenza finale delle due parole e/o delle due frasi. 
     Il richiamo al procedimento di Roussel è apertamente riconosciuto da Bénabou e Perec che precisano: «il P.A.L.F. appartiene a una classe di lavori letterari illustrati, tra gli altri, da Raymond Roussel, che muove dall'analogia fonica o, al contrario, dalla disarticolazione fonica d'una frase, per costruire i suoi racconti» (21).
     Anni più tardi Perec inserirà fra le pagine del suo libro forse più bello, La vita istruzioni per l'uso (1978), una serie di citazioni, a volte leggermente modificate, di vari autori fra cui Roussel, mentre Bénabou licenzierà un libro affidandosi a un titolo, Perché non ho scritto nessuno dei miei libri (1986), che, in negativo, evoca quello rousseliano (22).
     A un titolo decisamente rousseliano - Comment j'ai écrit un de mes livres (23) - ricorrerà invece Calvino per spiegare la struttura del suo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore (1979), svelandoci così il suo interesse per la semiotica strutturale di Greimas.
     In un passo della sua breve Storia del lipogramma (24), Perec lamenta che gli artifici sistematici, i manierismi formali, costituitivi, in ultima analisi, di un Rabelais, di uno Sterne, di un Roussel e di altri ancora, siano relegati «in quei registri di manicomi letterari che sono le "Curiosità": "Biblioteca amena...", "Tesoro delle Singolarità...", "Divertimenti filologici...", "Frivolezze letterarie..." [...] Le restrizioni vi sono trattate» prosegue Perec «come aberrazioni, mostruosità patologiche del linguaggio e della scrittura; le opere che fanno nascere non hanno diritto allo statuto d'opera letteraria» e restano dei mostri paraletterari la cui enumerazione e classificazione si risolvono in un dizionario della pazzia letteraria (25).

    Lo scrittore americano Harry Mathews, oggi una delle figure più significative dell'Oulipo (vi è entrato come «membro straniero» nel 1972), ha riconosciuto apertamente i suoi debiti verso Roussel: «I metodi di Roussel mi hanno indotto a escogitarne altri, non meno folli, a uso personale» (26). È grazie al poeta John Ashbery che Mathews scopre l'opera di Roussel che lo libera dall'illusione realista in cui era invischiato e gli rivela «quello che le enciclopediche trasformazioni dell'Ulisse non erano riuscite a fare: che la materia della creazione letteraria può essere del tutto immaginaria» (27).
     In collaborazione con Alastair Brotchie, Mathews ha compilato un Oulipo Compendium (28), una vasta e accurata ricognizione sul mondo oulipiano messa in forma d'enciclopedia, che contiene un'interessante voce dedicata a «Roussel and his methods». 
     Nella voce viene affiancato, al  metodo «omofonico», un altro «quasi-oulipiano metodo» usato da Roussel nel suo ultimo lavoro Nouvelles Impressions d’Afrique (1932), illustrato da 59 disegni di Henri-Achille Zo, un poema in alessandrini suddiviso in quattro canti, costellato di note a fine pagina, dove le frasi, attraverso un insolito movimento di parentesi doppie, triple, quadruple, ecc., che si aprono e si chiudono, sono innestate una dentro l'altra come una matrioska russa.
     Poiché gli oulipiani, per (de)formazione culturale, sono degli accaniti cultori delle rappresentazioni grafiche dei testi, non hanno saputo resistere di fronte all'opera di Roussel e si sono cimentati nell'elaborazione di un Albero rappresentante l'incastro delle parentesi nel canto I delle Nouvelles Impressions d’Afrique di Raymond Roussel (le cifre inscritte esprimono il numero d'ordine del verso in cui si apre o si chiude la parentesi) (29):

 
    Parlando d'Impressions d’Afrique e di Nouvelles Impressions d’Afrique sul numero 7 della rivista La Critique Sociale del gennaio 1933, Queneau scrive: «Un'immaginazione implacabile, metodica per la forma e scompigliata dagli elementi che essa usa; un'immaginazione capace di rendere trasparenti le sue più sfrenate libertà, senza per questo concedere nulla a tutto ciò che non è altro che se stessa; un'immaginazione che unisce il delirio del matematico alla ragione del poeta - ecco ciò che si trova fra le altre meraviglie nei romanzi di R. Roussel, nei romanzi che sono dei mondi veri, perché R. Roussel crea mondi con una potenza, un'originalità, una vitalità di cui solo Dio credeva di avere l'esclusiva» (trad. nostra).
     Prolifico inventore di macchine bizzarre e fantasiose, Roussel pensava che sarebbe stato possibile costruire una macchina capace di leggere il suo poema. Alla voce «Machines for reading» dell'Oulipo Compendium si sostiene che Jacques Brunius (1906-1967), scrittore e attore legato al gruppo surrealista inglese, sia stato il primo a disegnare una macchina per leggere Nouvelles Impressions d’Afrique, macchina esposta in una mostra surrealista del 1937, ma purtroppo andata perduta: non è rimasta nemmeno una foto della macchina di Brunius. 
     In un articolo intitolato «La machine à imprimer Roussel», uscito nel 1964 sul numero speciale (33-34) della rivista Bizarre dedicato a Roussel, il patafisico argentino Juan Esteban Fassio ha riprodotto una macchina per la lettura di Nouvelles Impressions d’Afrique da lui costruita:


    Sempre nella voce dell'Oulipo Compendium dedicata a Roussel si fa notare come il poema Nouvelles Impressions d’Afrique, per la sua struttura a incastri, con storie che stanno dentro ad altre storie, sia una specie di «plagiario per anticipazione» dell'ipertesto, termine con il quale, nella critica letteraria, si indica un insieme di più testi affini considerato come un unico testo.
     Si fa poi rilevare, a ulteriore riprova dell'interesse degli oulipiani per le acrobazie linguistiche di Roussel, come esista una certa somiglianza fra il procedimento usato in Nouvelles Impressions d’Afrique e l'esercizio chiamato «Le tireur à la ligne» (in francese tirer à ligne significa: allungare ad arte uno scritto pagato un tanto a riga, come facevano tanti scrittori, anche famosi) inventato da uno dei fondatori dell'Oulipo, Jacques Duchateau (30). 
     L'esercizio, creato allo scopo di permettere agli autori popolari a corto d'immaginazione, o stressati, di «gonfiare» un testo di lunghezza reputata insufficiente, senza aumentare il numero delle sue peripezie, consiste nel prendere due frasi successive o no in un testo; nell'aggiungere tra esse una nuova frase, poi due nuove negli intervalli freddamente ottenuti e così via fino a quando il testo raggiunge la dimensione desiderata. Le frasi introdotte non sono prese a caso; esse devono rispettare una certa coerenza narrativa, descrittiva o poetica (31).




Note

(1) Mario Barenghi, «Poesie e invenzioni oulipiennes», in: Italo Calvino, Romanzi e racconti, Mondadori, Milano, 1994, pp. 1239-1245, si cita da p. 1239.
(2) Italo Calvino, «Perec, gnomo e cabalista», la Repubblica, 6 marzo 1982, p. 18.
(3) Poeta greco (nato nel 325 ca a.C.) compose, fra le altre cose, una raccolta di anagrammi poetici, di cui ci resta solo una citazione. Sappiamo, così, che aveva giocato sul nome del sovrano egiziano Ptolemaios facendone un anagramma come Apò melitos (discendente dal miele), mentre dal nome della regina, Arsinoes, aveva tratto la lusinghiera frase Ion Heras (viola di Era).
(4) Gruppo di poeti francesi di corte del XV e XVI secolo, che privilegiavano i virtuosismi e gli artefici della versificazione.
(5) François Le Lionnais, «A propos de la littérature expérimentale», postface à Raymond Queneau, Cent mille milliards de poèmes, Editions Gallimard, Paris, 1961.
(6) Marcel Bénabou, «Per una storia dell'OuLiPo tra Francia e Italia: l'esempio di Calvino», in: Brunella Eruli, a cura di, Attenzione al potenziale! Il gioco della letteratura, Marco Nardi Editore, Firenze, 1983, pp. 19-29, si cita da p. 28.
(7) Italo Calvino, «Perec, gnomo e cabalista», cit.
(8) Umberto Eco, «Postille a "Il nome della rosa" 1983», in: Il nome della rosa, Bompiani, Milano, 2004, pp. 505-533, si cita da p. 514.
(9) Umberto Eco, «Come scrivo», in: Sulla letteratura, Bompiani, Milano, 2002, pp. 324-359, si cita da pp. 346-347.
(10) Raymond Roussel, «Come ho scritto alcuni miei libri», in: Locus Solus, Einaudi, Torino, 1975, pp. 263-285, si cita da p. 276. Si veda anche l'edizione francese Comment j'ai écrit certains de mes livres, Gallimard, Paris, 2000.
(11) Michel Leiris, «Comment j'ai écrit certains de mes livres», in: Brisées, Gallimard, Paris, 1992, pp. 68-71, si cita da p. 69, trad. nostra.
(12) Raymond Roussel, «Come ho scritto alcuni miei libri», cit., p. 279.
(13) Raymond Queneau, «L'Opificio di letteratura potenziale», in: Segni, cifre e lettere e altri saggi, Einaudi, Torino, 1981, pp. 56-73, si cita da p. 56.
(14) Raymond Roussel, «Come ho scritto alcuni miei libri», cit., p. 265.
(15) Cfr. Italo Calvino, «Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla narrativa come processo combinatorio)», in: Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Einaudi, Torino, 1980, pp. 164-181, si cita da pp. 171-172 e p. 177.
(16) Il conte Robert de Montesquiou (1855-1921), scrittore e dandy parigino, fu personaggio colto, raffinato e insolente, che ispirò il personaggio di Des Esseintes in À Rebours di Huysmans e il barone di Charlus, uno dei personaggi principali della Recherche di Proust.
(17) Raymond Roussel, «Come ho scritto alcuni miei libri», cit., p. 276.
(18) Del resto Roussel fu un vero cultore del gioco degli scacchi; si vedano al riguardo le pp. 132-160 dedicate al Roussel scacchista in Raymond Roussel, Comment j'ai écrit certains de mes livres, cit.
(19) Su questo punto Pierre Bazantay, «Raymond Roussel, oulipien par anticipation?», magazine littéraire, 398, mai 2001, pp. 39-41.
(20) Perec entra nell'Oulipo nel 1967, mentre Bénabou nel 1969. Per una storia del P.A.L.F. si veda Marcel Bénabou, a cura di, «Presbytère et Prolétaires. Le dossier P.A.L.F.», Cahiers Georges Perec, n. 3, Edition du Limon, 1989.
(21) Marcel Bénabou, a cura di, «Presbytère et Prolétaires. Le dossier P.A.L.F.», cit., p. 26, trad. nostra.
(22) Georges Perec, La vita istruzioni per l'uso, Rizzoli, Milano, 1984; Marcel Bénabou, Perché non ho scritto nessuno dei miei libri, Edizioni Theoria, Roma-Napoli, 1991.
(23) Italo Calvino, «Comment j'ai écrit un de mes livres», La Bibliotèque Oulipienne , numéro 20, 1983, plaquette ripubblicata in Oulipo, La Bibliotèque Oulipienne, Seghers, Paris, 1990, pp. 25-44. Di questo scritto di Calvino esiste una traduzione italiana comparsa in Oulipiana, a cura di Ruggero Campagnoli, Guida editori, Napoli, 1995, pp. 153-170.
(24) Georges Perec, «Storia del lipogramma», in: Oulipo, La letteratura potenziale (Creazioni Ri-creazioni Ricreazioni), ed. it. di Ruggero Campagnoli e Yves Hersant, CLUEB, Bologna, 1985, pp. 77-95, si cita da p. 79.
(25) Merita forse qui ricordare che Raymond Queneau dedicò ai «fous littéraires» una lunga ricerca, i cui risultati, dapprima confluiti nel romanzo Figli del limo, sono stati pubblicati solo di recente: Raymond Queneau, Aux confins des ténébres. Les fous littéraires, Gallimard, Paris, 2002.
(26) Harry Mathews, «Alla ricerca dell'Oulipo», in: Brunella Eruli, a cura di, cit., pp. 11-17, si cita da p. 13.
(27) Ibid. In italiano sono usciti di Harry Mathews, Mutazioni, Rizzoli, Milano, 1964, Sigarette, Bollati Boringhieri, 1990, romanzo in cui la regola seguita è quella di presentare i personaggi a due a due, in un numero di combinazioni saggiamente limitate a quindici, quanti sono i capitoli, e secondo un sistema di permutazioni di cui l'autore non offre la chiave, e Piaceri singolari, ES, Milano, 1993.
(28) Harry Mathews & Alastair Brotchie, edited by, Oulipo Compendium, Atlas Press, London, 1998.
(29) Claude Berge, «Per un'analisi potenziale della letteratura combinatoria», in: Oulipo, La letteratura potenziale (Creazioni Ri-creazioni Ricreazioni), cit., pp. 49-65, la figura qui riprodotta è a p. 61. In Penna, pennello e bacchetta. Le tre invidie del matematico (Editori Laterza, Roma-Bari, 2005) Piergiorgio Odifreddi, matematico impertinente e membro dell'Oplepo, gruppo italiano omologo di quello francese, rappresenta nel modo seguente (si veda p. 21 del libro citato) la famiglia di intervalli costituiti dai riferimenti parentetici del canto I di Nouvelles Impressions d’Afrique (anche in questo caso i numeri indicano i versi in cui il relativo passaggio inizia o finisce):

   (       (       (       (       (              )       (              )       )        )       )       ).
   10   14    15     20    21           23    129         129  135   164   167  168

(30) A quella che può essere considerata la riunione fondante dell'Oulipo, tenutasi giovedì 24 novembre 1960 nella cantina del ristorante parigino «Il Vero Guascone», erano presenti: Jean Queval, Raymond Queneau, Jean Lescure, François Le Lionnais, Claude Berge, Jacques Bens e Jacques Duchateau.
(31) [Jacques Duchateau], «Le tireur à la ligne», in: Oulipo, Atlas de littérature potentielle, Gallimard, Paris, 1981 (ried. Folio 1988), pp. 271-282, si cita da p. 271, trad. nostra. Una versione di questo esercizio era apparsa nella plaquette di Duchateau «Les Sept Coups du tireur à la ligne en apocalypse lent, occupé à lire "Monnaie de singe" de William Faulkner», La Bibliotèque Oulipienne, numéro 14, 1980.



Relazione tenuta al convegno Attualità di Raymond Roussel tra letteratura, arte, filosofia, svoltosi alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze il 18 maggio 2007, e pubblicata su "Bérénice", rivista quadrimestrale di studi comparati e ricerche sulle avanguardie, 38, novembre 2007, pp. 31-43.




Durante il convegno ho fatto
anche una performance

su alcuni Oggetti pseudo-rousselliani.

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Questo testo è citato da Monica Schettino
in un articolo apparso sulla "Gazzetta di Parma"
di mercoledì 28 dicembre 2022,
intitolato Giorgio Manganelli.
Parma nell'anima dello scrittore
.
Per leggerlo cliccate qui.
Uno dei tre articoli di Manganelli
apparsi sulla "Gazzetta di Parma",

di cui parla la Schettino,

riguarda proprio Raymond Roussel
e è intitolato: Raymond Roussel
ha inventato la "macchina che scrive romanzi",
uscito il 7 settembre 1948, mai raccolto in volume.







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